Cibo consolatorio? Non sempre solo chi è triste preferisce farsi un’abbuffata in solitudine: lo dicono alcuni ricercatori della Utrecht University hanno condotto uno studio, appena pubblicato online su Appetite. Il luogo comune di mangiare nervosamente in caso di situazioni negative o tristi viene così smentito: il cibo è associato soprattutto a sensazioni positive.
La ricerca, condotta su studenti universitari non obesi, comprendeva tre tipi di test: nel primo un gruppo di studenti assisteva a proiezioni in grado di indurre emozioni positive (uno dei filmati prevedeva, per esempio, la ripresa di un piccolo panda che starnutiva talmente forte da spaventare la mamma), mentre un secondo assisteva a riprese emotivamente “neutre” (esempio: un filmato di uccelli che volano nel deserto)e al termine dei filmati, veniva data ai giovani la possibilità di consumare dolciumi a volontà. Il risultato? Il gruppo che aveva provato emozioni positive introduceva, mediamente, 100 calorie in più rispetto all’altro.
Nel secondo test gli studenti, divisi in tre gruppi, venivano guidati a rievocare eventi gradevoli, oppure sgradevoli, o neutri, dopodiché avevano la possibilità di consumare snack a volontà. In questo caso, le emozioni positive inducevano, invece, a un consumo di snack uguale a quello suscitato dalle emozioni negative.
Poiché questi test sono stati condotti in laboratorio, i ricercatori hanno cercato un riscontro ai loro rilievi in un contesto reale. Hanno, quindi, chiesto a una cinquantina di studentesse universitarie di tenere, per una settimana, un diario, nel quale registrare il consumo di tutti i fuori pasto non salutari (dolciumi, patatine fritte e così via) descrivendo lo “stato emotivo” del momento. Si è così visto che il consumo di snack non salutari era legato molto più spesso a emozioni positive che negative (10 volte contro 4).
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