A Michelle resta poco da vivere: un tumore alla pelle l’ha ormai portata sul punto di morte. In questi ultimi giorni ha voluto raccontare la sua storia per mettere in guardia sui rischi dei raggi Uva.
La storia di Michelle non avrà un happy ending ma sicuramente il suo racconto potrà aiutare altre persone ad evitare la sua stessa fine. La ragazza ha 29 anni ed ha festeggiato il suo trentesimo compleanno con diversi mesi di anticipo poiché molto probabilmente non arriverà a vivere fino a quel giorno. A inizio 2017 i medici gli avevano detto che avrebbe vissuto al massimo per altri 3 mesi a causa di un tumore alla pelle che non lasciava spazio ad alcuna ulteriore cura. Quel tempo è ormai trascorso e Michelle attende la morte insieme al marito Ray.
Dal 2012 ad oggi la ragazza ha dovuto subire più di 15 interventi chirurgici, molti di più di quanti ne aveva immaginati quando le è stato diagnosticato il male. È la stessa Michelle ad ammettere di aver sottovalutato la sua malattia: trattandosi della pelle, aveva pensato che sarebbe stato possibile rimuovere tutto senza che venisse toccato l’interno. Purtroppo non si trattava di una cosa meramente estetica poiché il tumore alla pelle è aggressivo ed è arrivato a diffondersi in entrambi i suoi polmoni. Oggi, costretta a letto per la maggior parte della giornata a causa di problemi respiratori, ha voluto lanciare un accorato appello su Facebook per mettere in guardia contro i danni dei raggi Uva.
A suo avviso, l’unica vera cura è la prevenzione: usare le più opportune creme solari, evitare i lettini abbronzanti, i raggi ultravioletti e appunto i raggi Uva. Sono proprio loro ad aver causato l’aumento dei tumori della pelle negli ultimi anni, soprattutto tra i più giovani. Ogni anno muoiono circa 2000 persone e Michelle vorrebbe fare qualcosa per evitare che la situazione peggiori ulteriormente. La ragazza non ha speso parole positive nemmeno per le cure: “Molte persone non capiscono ancora la terribile fatica causata da interventi chirurgici, trattamenti, radioterapie e tutto ciò che dovrebbe combattere la malattia. E non ci sono garanzie che questi sforzi alla fine servano a qualcosa”. Per questo Michelle propone un’altra strada: quella della prevenzione a tutti costi.
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