Un bambino di 6 mesi affetto da morbillo è stato e ricoverato in condizioni gravi e vicino alla sua stanza ha iniziato a campeggiare una lettera diretta a quei genitori che preferiscono non vaccinare i propri figli.
Il boom di vaccini, con il suo aumento del 230 per cento rispetto all’anno precedente, ha spinto l’opinione pubblica e le istituzioni sanitarie a porsi una inevitabile domanda: è davvero giusto schierarsi contro i vaccini e far rivivere malattie che invece dovrebbero essere pressoché estinte? Trovare un accordo sembra più difficile di quanto si potesse immaginare e nel frattempo i bambini continuano ad ammalarsi. D’altronde i dati parlano chiaro: scendere al di sotto della soglia del 95 per cento permette al virus di ricominciare a diffondersi.
La storia di un bimbo di 6 mesi è esemplare. Ricoverato presso l’ospedale pediatrico Salesi di Ancona in condizioni critiche proprio a causa del morbillo, è stato contagiato ancor prima di poter essere vaccinato (impossibile farlo prima di aver compiuto un anno). Per questo motivo, con un mix di rabbia e preoccupazione, i suoi genitori e la pediatra hanno deciso di scrivere una lettera a suo nome per poi appenderla nello studio medico e sulle bacheche – decisamente più virtuali – di Facebook.
La lettera recita così: “I pediatri dello studio medico “G. Galilei”, il papà e la mamma del piccolo bambino ricoverato all’ospedale “Salesi” in condizioni critiche perché contagiato dal morbillo ringraziano sentitamente i genitori che non vogliono vaccinare i propri figli, consentendo il dilagare di una malattia che nel 2017 sarebbe dovuta essere estinta”. Insomma, poche righe ma destinate a colpire dritto nel segno. Chissà se queste parole riusciranno a scalfire delle convinzioni così ben radicate. Gli esperti sono pronti a portare numerose evidenze scientifiche a favore dei vaccini, eppure alcune culture sono troppo influenzate dalla paura o da ideologie avverse alla medicina tradizionale. Prima dell’arrivo del vaccino contro il morbillo, in Italia morivano circa 200 bambini ogni anno. La loro testimonianza, insieme a quella del piccolo paziente di Ancona, ha certamente il diritto di essere ascoltata.
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