Pacemaker e defibrillatori difettosi: due morti negli Usa, allarme anche in Italia. Le cardiochirurgie italiane e estere sono state informate del pericolo che i pazienti stanno correndo.
Centinaia di pacemaker e defibrillatori prodotti dalla multinazionale americana St. Jude Medical risulterebbero difettosi e dunque costituirebbero un serio pericolo per la vita del paziente. I problemi che sono stati segnalati sono causati dal prematuro esaurimento delle batterie e dal corto circuito dei dispositivi. Proprio a causa di queste problematiche due persone negli Stati Uniti sono decedute.
I reparti di cardiochirurgia italiani e il Ministero della Salute hanno segnalato il pericolo alle varie Asl. I micro defibrillatori fabbricati prima del 2015 sono 398.740 e potrebbero portare, ora, gravi rischi per la salute dei pazienti cardiopatici dovuti all’esaurimento delle batterie. L’azienda nel diffondere la notizia ha precisato che “la sostituzione profilattica del dispositivo non è raccomandata, perché le complicazioni derivanti da una sostituzione sono maggiori rispetto al danno associato al corto circuito”.
Per quanto concerne i defibrillatori sono 46 su 841 quelli contenenti depositi di litio. Oltre ai due decessi sono stati registrati anche 37 casi di pericoloso senso di vertigini e dieci di sincope. Dunque è tassativamente necessario un controllo dell’apparecchio e il probabile mal funzionamento dei defibrillatori può essere riconosciuto dal medico mediante una visita o un monitoraggio remoto. In merito a tale problema, il Ministero della Salute ha trasmesso delle raccomandazioni per la gestione dei pazienti. Il medico ha l’onere di avvisare i pazienti portatori di tale apparecchio, istruirli a riconoscere i segnali di malfunzionamento, tra cui quello delle batterie in esaurimento che di solito concerne in un allarme vibrazionale. Tramite il modulo di ricerca messo a disposizione dalla St. Jude Medical, i pazienti possono verificare ed accertarsi se il dispositivo in loro possesso fa parte proprio della categoria a rischio.
Photo Credits Facebook