Una nuova ricerca shock afferma che chi si fa un tatuaggio corre seri rischi per la propria salute: tra le patologie più comuni le infezioni della pelle e le allergie che richiedono la rimozione del disegno stesso
Infezioni e allergie sono all’ordine del giorno per chi si fa un tatuaggio. Senza contare che più della metà dei sintomi durano oltre i 4 mesi. Ad affermarlo un recente studio realizzato dalla Langone University di New York e pubblicato da Contact Dermatitis, secondo cui per oltre il 10 per cento delle persone che cedono al fascino dei tattoo i problemi vanno da semplici arrossamenti a reazioni allergiche che richiedono la rimozione del disegno stesso.
Da come scrive l’Ansa, i ricercatori hanno raccolto i dati intervistando 300 persone fermate a caso a Central Park, a cui è stato chiesto se avevano mai avuto problemi con i loro tatuaggi. Circa il 10 per cento ha affermato di avere avuto qualche complicazione, e 6 su 10 in questo gruppo hanno riportato patologie più serie che sono durate per più di 4 mesi. “Spesso il problema è un’infezione batterica, ma in alcuni casi quello che abbiamo trovato era sicuramente una allergia all’inchiostro – ha raccontato al sito Livescience Marie Leger, uno degli autori – persone che si sono fatte un tatuaggio rosso senza problemi, poi dopo qualche anno ne hanno fatto un altro e all’improvviso entrambi hanno iniziato a prudere e a gonfiarsi“.
Secondo uno studio tedesco pubblicato su Lancet, però, “solo” il 5 per cento dei tatuaggi genererebbe un’infezione. Eppure, solo qualche tempo fa, una ricerca dell’Università dell’Alabama sosteneva che farsi tatuare la pelle più volte fosse un bene per l’organismo. Perché se è vero che in un primo momento il corpo subisce uno stress, che può essere paragonato all’attività fisica dopo un lungo stop quando si è quindi completamente fuori forma, “andando avanti con l’allenamento” il corpo non tornerà al punto di partenza ma tenderà ad oltrepassare i propri limiti (LEGGI ANCHE: TANTI TATUAGGI, COME BECKHAM E LA JOLIE? FANNO BENE AL SISTEMA IMMUNITARIO). Chi avrà ragione?
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