Il 1° ottobre 2015 è la data fissata per l’introduzione delle ricette elettroniche nella Capitale e nel resto del Lazio. Si tratta di una novità rilevante in ambito sanitario, visto che la classica (e obsoleta) ricetta rossa cartacea costava alla Regione circa un milione e mezzo di euro all’anno. Il nuovo sistema, in teoria, dovrebbe essere molto più semplice oltre che economico: il medico di base si collegherà al sistema Sogei, prescriverà i farmaci necessari al suo paziente e stamperà una sorta di promemoria da portare in farmacia insieme alla tessera sanitaria. Lì, con un semplice lettore ottico, sarà possibile acquistare i medicinali.
Bisogna tuttavia specificare che si tratta di ‘teoria’, visto che l’entusiasmo per la novità e soprattutto la voglia di far notare il proprio lavoro da parte delle autorità tendono a far passare in secondo piano le falle evidenziate dal nuovo sistema nelle regioni in cui la sperimentazione è iniziata prima. Il processo di dematerializzazione della ricetta, infatti, è partita più di un anno fa e seppur in ritardo ha cominciato ad espandersi di regione in regione. Andarci cauti, cominciando da territori più ristretti, non ha tuttavia risparmiato ai pazienti contrattempi e problemi. Lo dimostra il caso della Puglia, dove le ricette elettroniche sono arrivate a giugno 2015.
Molti cittadini sono dovuti tornare a casa senza medicinali perché, una volta giunti in farmacia, il lettore ottico non riusciva a leggere il codice a barre presente sul promemoria. Ciò è stato imputato alla scarsa qualità delle stampanti dei medici, i quali dal canto loro hanno lamentato l’aumento del loro consumo di carta e la difficoltà di portare avanti un sistema che spesso si blocca provocando perdite di tempo e rallentamenti. Sembra quindi che le Regioni risparmino e velocizzino i propri processi, ma questo va a danno dei singoli medici (e relativi pazienti)? L’esordio nel Lazio saprà aggiungere un tassello a questa vicenda ricca di luci e molte ombre.
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