“Una mela al giorno non toglie il medico di torno”: secondo uno studio di Greenpeace condotto a livello europeo, in due terzi del suolo e dell’acqua dove crescono i meleti europei sono state rinvenute tracce di pesticidi dannosi per l’essere umano. Per il rapporto “Il gusto amaro della produzione intensiva di mele“, in un terreno italiano sono state rinvenute tredici sostanze pericolose e dieci in un campione d’acqua.
L’indagine di Greenpeace è stata condotta in dodici Paesi europei prelevando 85 campioni (36 di acqua e 49 di suolo) raccolti nei mesi di marzo e aprile di quest’anno, in Italia ne sono stati studiati alcuni provenienti dalla Val di Non e dalla Valtellina. Negli 85, sono stati ritrovati 53 diversi pesticidi. A preoccupare è soprattutto un dato: nel nostro Paese è stato riscontrato il più alto numero di sostanze tossiche 18 sostanze su tre campioni.
Il pesticida ritrovato più spesso è il fungicida boscalid (presente nel 38 per cento del suolo e 40 per cento delle acque). Sette delle sostanze rinvenute non hanno neanche l’approvazione dell’Unione Europea, si possono usare con delle deroghe speciali, ma secondo Greenpeace si tratta di applicazioni passate o di una degradazione dell’utilizzo di un altro prodotto approvato dall’UE (come per esempio il tiofonato metile).
Greenpeace propone una produzione di mele sostenibile , senza contaminare suolo e acqua, che è già esistente. Uno dei fattori più importanti per coltivare mele sostenibili è un ecosistema agricolo in equilibrio: concime, coltura di copertura e la potatura stimolano la crescita e la nutrizione delle piante e allontanano le malattie. Inoltre, aumentando la disponibilità di polline e nettare, le vespe tornano sui meleti. Gli insetti sono i nemici numero uno dei parassiti che colpiscono gli alberi tanto cari a Isaac Newton. Greenpeace chiede all’UE l’eliminazione graduale di pesticidi chimici di sintesi in agricoltura e di promuovere e investire pratiche ecologiche per eliminare i parassiti.