L’organizzazione Mondiale della Sanità bacchetta l’Italia in fatto di morbillo, rosolia e vaccinazioni in generale. Il 2015 dovrebbe essere l’anno in cui queste due patologie verranno eliminate definitivamente, ma l’Italia – e non è la sola – è molto in ritardo. Da qui il richiamo all’impegno venuto da Copenhagen, dove si è tenuto il meeting sulla campagna di vaccinazioni nei paesi dell’Unione Europea. L’Oms ha chiesto al ministro della Salute Lorenzin un chiarimento entro marzo.
I dati usciti dal convegno sono piuttosto preoccupanti: in Europa, negli ultimi quattro anni, sono stati registrati oltre centomila casi di morbillo e novantamila di rosolia. Alla conta tuttavia è difficile aggiungere le cifre italiane che, secondo i vertici dell’Oms, risulterebbero incompleti. L’Istituto superiore della sanità, dal canto suo, ha fatto sapere che, nel 2014, i casi registrati sarebbero 1620 con un’incidenza maggiore in Liguria, Piemonte, Sardegna e Emilia Romagna. Cosa ben più allarmate però, stando sempre ai dati dell’Iss, è che le coperture medie di vaccinazione sul territorio nazionale avrebbero raggiunto il livello più basso degli ultimi dieci anni.
I dati del ministero si riferiscono alle coperture vaccinali a 24 mesi d’età e riguardano la maggior parte delle vaccinazioni offerte gratuitamente alla popolazione italiana, ovvero poliomielite, tetano, difterite, epatite B, pertosse, Haemophilus influenzae b, morbillo, parotite e rosolia. Tra queste, le prime quattro sono considerate vaccinazioni obbligatorie.
Questo calo dipenderebbe dall’errata percezione nella popolazione dell’importanza delle vaccinazioni e dall’effetto poco funzionale delle campagne mediatiche in atto contro i vaccini. “Eliminare il morbillo non è semplice – osserva Susanna Esposito, presidente della Commissione Oms per l’eliminazione di morbillo e rosolia congenita – è una malattia estremamente contagiosa e per interromperne la trasmissione sono necessarie coperture vaccinali molto elevate con due dosi di vaccino“. In Italia, invece, la somministrazione della prima dose si attesta intorno al 90% a fronte dell’obiettivo minimo del 95%, mentre la seconda dose, nelle Regioni dove i dati sono stati raccolti, risulta ben inferiore agli standard richiesti (meno dell’85% rispetto all’obiettivo del 95%).
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