Il problema dell’educazione sessuale degli adolescenti è un argomento molto dibattuto e controverso. L’età media della prima volta si è notevolmente abbassata (14 anni) con conseguente disinformazione sui contraccettivi, e una percentuale alta di gravidanze indesiderate. Come fare per educare i giovani ad una sessualità consapevole, che non sia quella dei messaggini erotici o dello spogliarsi per le ricariche del cellulare? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Anna Sampaolo, coordinatrice dei corsi di educazione sessuale di Aied (Associazione Italiana per l’Educazione Demografica) Roma.
– Com’è nata Aied e come si è evoluto il suo compito negli anni?
L’Aied è stata fondata nel 1953 da uomini e donne che condividevano l’interesse per le questioni sociali e per una cultura basata sulla tutela della libertà individuale. Sono nati così i primi consultori quando ancora nel nostro paese tale modello di assistenza era inedito .L’Aied ha iniziato dunque a muoversi sui temi del controllo delle nascite, attraverso l’azione di educazione alla contraccezione, in favore di una sessualità liberata dal timore di gravidanze indesiderate, contro l’aborto clandestino, per affermare la dignità delle donne e i loro diritti alla salute.
–E oggi quale ruolo ha l’Aied?
Oggi a più di sessanta anni dalla sua fondazione l’Aied continua a battersi in difesa dei diritti delle donne e dei minori, per la piena attuazione della legge 194, affiancando al lavoro nei consultori, iniziative culturali, corsi di educazione alla sessualità nelle scuole e attività scientifica, campagne di informazione contro la violenza, le mutilazioni genitali femminili, sulla bioetica, contro la pubblicità offensiva dell’immagine della donna, salvaguardando sempre un’indipendenza di giudizio.
– L’educazione sessuale nelle scuole come si svolge?
L’Aied nel corso degli anni ha elaborato dei progetti di intervento nelle scuole di ogni ordine e grado, quindi dalle scuole elementari alle scuole superiori, per diffondere un approccio alla sessualità che sia modulato sull’età dei ragazzi e che spazi dagli aspetti anatomo-fisiologici agli aspetti psicologici, sociali e, nelle scuole superiori, anche giuridici. Gli incontri hanno cadenza settimanale e sono condotti da medici, psicologi o avvocati in relazione all’argomento. La metodologia usata è tesa al maggior coinvolgimento possibile dei ragazzi attraverso delle attivazioni, senza chiedere mai una esposizione personale.
–E’ da tutti ben accolta o ci sono ancora scuole (o genitori, alunni) refrattari?
Si lavora con il gruppo classe e con la presenza, silenziosa, degli insegnanti. In linea di massima quando veniamo chiamati dalle scuole è perché già c’è stata una sensibilizzazione sull’argomento e l’accoglienza è in genere molto positiva. Poi certamente c’è sempre chi ci guarda un pò perplesso o il ragazzo che “sa tutto” e ritiene inizialmente inutile la nostra presenza.
– Parlando di tabù, quali sono quelli che bisogna infrangere per avvicinarsi ai giovani? (se esistono ancora, in una società che parla tanto di sesso)
Ma forse il fatto proprio che di sesso non si parla con gli adulti, e che sia un argomento “vergognoso”. Sicuramente la sessualità riguarda anche un aspetto molto intimo dell’individuo, ma pudore è una cosa, vergogna è un’altra. Anni e anni di condizionamenti di carattere religioso hanno determinato una visione distorta della sessualità. E poi non dimentichiamoci che parlare di sessualità significa non solo parlare di sesso, ma anche affrontare dei temi come la differenza di genere, i ruoli maschile e femminile nella società, tutte tematiche che vedranno i ragazzi di oggi in prima linea nella costruzione di nuovi modelli.
– E’ vero che oggi anche gli adolescenti sembrano avere una sessualità disinibita, ma è proprio così?
In parte è vero, nei loro comportamenti sembrano più disinibiti, spesso mi chiedo però quanto ci sia di veramente elaborato e maturo e quanto invece sia uno scimmiottare dei modelli sempre più ingombranti offerti dalla pubblicità, televisione, cinema…
– Che consigli darebbe ai genitori che vorrebbero provare a parlare di sesso con i figli? E’ meglio delegare alla scuola il compito dell’educazione?
Intanto forse bisogna precisare che i genitori già comunicano ai loro figli il proprio vissuto della sessualità fin da piccolissimi, anche senza parole, con i loro comportamenti e atteggiamenti. Per cui la famiglia è sicuramente l’ambito in cui gli individui iniziano a farsi un’idea della sessualità. Per quanto riguarda nello specifico il tema dei rapporti sessuali, se il discorso non viene naturalmente, spontaneamente, su domande dei figli, o nel commentare fatti esterni, forse ci si può aiutare con delle pubblicazioni o con dei video, l’Aied stesso ha collaborato al video L’albero della Vita. Certo è che non conviene fingere di affrontare i temi della sessualità con disinvoltura se dentro ci si sente rigidi e inibiti, i figli se ne accorgono e magari preferiscono una sincera ammissione di difficoltà e l’aiuto di un libro da guardare insieme.
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