Omeopatia: tutto quello che c’è da sapere per curarsi correttamente

Sono quasi 10 milioni gli italiani che si curano con l’omeopatia, ma pochi sanno davvero come utilizzare i preparati e sfruttare al meglio le loro proprietà. Nella maggior parte dei casi i medicinali vengono usati per curare influenza e raffreddore e sono molto apprezzati per i risultati ottenuti, senza effetti collaterali se non un iniziale lieve giramento di testa o nausea; quasi tutte le persone che usano i preparati omeopatici lamentano però la mancanza di foglietti illustrativi che ne descrivano modalità di utilizzo, proprietà e interazioni.

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Per esempio è importante non assumere questi medicinali mentre si consumano liquirizia e menta, sapori che possono annullare l’effetto della medicina; in farmacia si possono poi acquistare dentifrici omeopatici, creati proprio per evitare interazioni dannose. Una delle prime raccomandazioni che viene fatta a chi assume i granuli è di non toccarli assolutamente con le mani, per non diminuire la loro efficacia: oggi però questa accortezza sembra superata, o quantomeno non indispensabile, perché le pillole sono rivestite di un composto ruvido che assorbe meglio il principio attivo. E’ preferibile assumere i medicinali sciogliendoli sotto la lingua, ma si possono anche prendere inghiottendoli con un bicchiere d’acqua.

Riceviamo molte telefonate dai pazienti sulle modalità di assunzione, sulle possibili interazioni e sulle difficoltà, sempre più frequenti, a reperire alcuni medicinali. Ovviamente in questa disciplina, che non prevede un singolo farmaco per un singolo problema ma un approccio olistico, il medico omeopata deve fare prescrizioni molto dettagliate, indicare bene la posologia, la sequenza“, dice Roberto Pulcri, medico omeopata del centro di medicina integrata di Pitigliano. I medici omeopati, contrariamente a quanto succede normalmente, passano molto tempo con il malato, ne studiano la psicologia e instaurano un rapporto quasi di confidenza e per questo, molto spesso, vengono preferiti ai “medici tradizionali”, a volte più sbrigativi e meno attenti al paziente.

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