Il settore della chirurgia estetica in Italia, uno dei più all’avanguardia in Europa e nel mondo per le idee e le tecniche innovative, rischia di scomparire: è l’allarme lanciato dai chirurghi italiani dell’Associazione italiana di Chirurgia Plastica Estetica (Aicpe) in una lettera al ministro della Salute Beatrice Lorenzin. “La chirurgia plastica è sempre stata considerata un fiore all’occhiello della medicina italiana. Questa specialità è oggi in grave sofferenza, così come le migliaia di posti di lavoro dell’indotto (infermieri, anestesisti, ospedali, cliniche, industria sanitaria, ecc.) connessi con la nostra attività, a causa dell’impossibilità di sostenerne i costi di gestione. All’intricatissima giungla burocratica, che si frappone fra l’entusiasmo di esercitare la nostra affascinante professione e la sua attuazione pratica, negli ultimi anni si è aggiunto il costo dell’assicurazione professionale, arrivato ormai a livelli intollerabili. Si è instaurato un circolo vizioso che può essere interrotto solo da un’azione del Governo”, ha scritto il presidente Giovanni Botti.
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Sotto accusa soprattutto il contenzioso medico-legale, che “è cresciuto enormemente per colpa della crisi economica e per l’aumento delle cause temerarie” e le assicurazioni che, “per evitare le costosissime lungaggini della Giustizia, tendono ad arrivare in tempi rapidi a una transazione economica, spesso senza neppure considerare se le richieste di indennizzo siano davvero motivate”. Per una polizza che garantisca chirurgo e paziente, infatti, si spendono “intorno ai 18-20mila euro l’anno, cifra difficilmente sopportabile per un chirurgo affermato ed intollerabile per un chirurgo giovane, all’inizio della carriera”.
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Per questo i chirurghi chiedono al Governo di “mettere un argine ai contenziosi ingiustificati, che possono diminuire solo se il ricorrente sarà consapevole di poter subire pesanti contromisure nel caso si dimostri la pretestuosità della richiesta di indennizzo”, anche per arginare l’invasione di chirurghi stranieri con una strategia “mordi e fuggi” e favorendo il turismo chirurgico dei pazienti che scelgono sempre più spesso di andare a farsi operare all’estero.
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