Mike Maric è stato un apneista professionista di altissimo livello, capace di aggiudicarsi 3 titoli nazionali consecutivi – nel 2004, nel 2005 e nel 2006 – e un campionato nel mondo. Oggi, abbandonate le gare, ha cominciato a dedicarsi all’insegnamento e ai libri (l’ultimo in ordine di tempo è La scienza del respiro). Maric ha trovato il tempo anche per qualche incursione televisiva, tra cui una lunga collaborazione con il programma di Rai 2 Detto Fatto. L’impegno verte sempre nella stessa direzione: spiegare come utilizzare la respirazione per migliorare le performance del corpo (nello sport e non). VelvetBody lo ha intervistato con estremo piacere: oltre a cordialità e amore per la sua disciplina, sono venuti fuori diversi consigli da sfruttare nella vita di tutti i giorni.
“La scienza del respiro“: com’è nato il desiderio di mettere tutto nero su bianco in un libro?
Tutto parte della mia esperienza: credo che divulgare in modo scientifico alcune conoscenze sia fondamentale. Marco Bianchi ha curato la prefazione. Conosco l’arte della respirazione, è un concetto vecchio se vogliamo (possiamo risalire ai monaci, nell’antica tradizione giapponese) ma in chiave moderna. Voglio dare dei perché ai lettori, non solo gli sportivi. Non è un libro di nicchia, è diretto all’utente medio che spero avrà piacere nello scoprire alcune nozioni. Mi piace che sia molto pratico, diviso “in ricette” del buon respiro. Dò dei suggerimenti per riequilibrarsi e per rilassarsi, con varie modalità, ma sempre all’interno della propria quotidianità.
Respirazione e gestione dello stress: fino a che punto sono legate queste due cose?
Tanto! È qualcosa di cui si è cominciato a parlare da poco perché le acquisizioni scientifiche sono molto recenti. La correlazione tra la respirazione e il sistema nervoso centrale è stata scoperta solo due fa anni: dal respiro si può capire anche come modulare le emozioni. Anche la tecnica dell’aerosal è stata una scoperta importante. Tutto questo giustifica il perché la scienza spinge a trovare la risposta dentro di sé anziché nei medicinali contro gli attacchi di panico, contro l’ansia e contro tutte quelle problematiche che derivano dalla sfera psico-affettiva.
Respirare nel modo corretto aiuta anche le performance, sportive e non: qualche consiglio pratico?
Bisogna partire dal presupposto che la respirazione è come l’alimentazione: necessita di tempo per ottenere benefici. C’è una fase di assorbimento, poi un’altra di adattamento. Bisogna operare una sorta di ritorno alle origini, usare il diafragramma (è una cosa che i bambini fanno benissimo!), inoltre anche l’alimentazione e le abitudini inficiano.
Il mio consiglio è quello di ritagliare del tempo nella giornata da sfruttare per porre l’attenzione sul respiro: a quel punto si può cercare di respirare di pancia. La respirazione di pancia è diversa da quella diaframmatica, ma è anche propedeutica. Si devono rilassare le spalle, focalizzarsi sulla pancia e sulla parte pelvica. È funzionale se si associa anche una tecnica di meditazione: ad esempio alla scrivania ci si può mettere con la postura corretta, lo sguardo puntato verso l’orizzonte, ponendo l’attenzione su una parola che ci fa sentire bene. In quel minuto si può respirare di pancia, per poi sentirsi molto meglio. Nel libro ci sono più di 10 situazioni come queste, da mettere in pratica facilmente.
Com’è stata l’esperienza a Detto Fatto?
Portare le tecniche di respirazione in tv è stata un’altra sfida. Mi sono divertito nel commentare con la conduttrice Caterina Balivo, che è sempre stata squisita con me, delle piccole prove in diretta. Le facevamo senza alcuna preparazione: misuravamo il battito cardiaco, vedevamo come variava in base al respiro, testavamo il respiro o la capacità polmonare e così via. È stata una bella esperienza, mi ha regalato adranalina stare lì davanti a milioni di persone. Inoltre credo di aver divulgato qualcosa che possa portare conoscenza, scienza e prevenzione. Mi impegno molto per eliminare il fumo o condizioni quali balbuzie e asma.
Hai lasciato la carriera sportiva da apneista nel 2006-2007: ti manca qualcosa di quella disciplina?
No, non mi manca. È stato un momento della mia vita associato alla carriera universitaria. Ho avuto una crescita personale, mi sono sentito appagato. 10 anni fa forse avrei detto di sì, mi mancava perché avevo ancora qualche cartuccia da sparare. Facendo un bilancio, però, mi sento completamente appagato da quello che ho fatto. I titoli mondiali e le gare mi hanno riempito di soddisfazione, però oggi non mi manca la competizione. Sto bene vicino ai grandi atleti che supporto nell’allenamento, vivo la competizione tramite loro. Si tratta sempre di adrenalina e di emozione da gara ma viene tutto vissuto in maniera diversa.
Scegliere l’apnea significa ingaggiare una competizione serratissima in primis con se stessi. Cosa ti ha mosso verso questa disciplina all’inizio?
Prima di tutto la grande passione per mare e acqua. Ho iniziato da ragazzino con il nuoto. Poi nel periodo della scuola ho detto basta. Il mio papà era sub, così mi ha infilato la maschera già a 3-4 anni. Mi è sempre piaciuta l’idea dell’immersione, scoprire il silenzio del mare che parla più di qualsiasi persona. Mi ha affascinato la ricerca introspettiva e la ricerca del limite, la ricerca di qualcosa di forte. Tutt’ora provo amore per questa disciplina, però lo vivo in chiave diversa. Ho studiato a fondo come funziona l’apnea e quali sono le tecniche che possono essere usate per migliorare il proprio stile di vita.
Ecco perché vale la pena provare, no? (Ndr)
Photo credits Fabio Milani