Un chirurgo ubriaco è entrato in sala operatoria in stato di assoluta incoscienza ma ha deciso di operare lo stesso. In fondo doveva eseguire un intervento di routine, ovvero un parto cesareo. Peccato però che le suenon le sue condizioni non gli permettessero nemmeno quello, così la situazione è velocemente scivolata verso la tragedia. Il dottor P. J. Lakhanisi ha portato alla morte di Keminiben Chanchiya, una donna incinta di 22 anni, e della sua bambina. La tragedia è avvenuta presso l’ospedale Sonawala, nella città di Botad (India). I parenti che attendevano fuori la sala operatoria non sospettavano ciò che stava accadendo al di là della porta ed erano pronti a festeggiare il lieto evento. Sapere che la ragazza e la sua bimba erano entrambe morte durante il cesareo è stato inaccettabile e li ha spinti a fare qualche domanda in più. Così, hanno deciso di rivolgersi alla polizia.
La denuncia ha permesso di scavare più a fondo: il chirurgo è stato accusato di negligenza e sottoposto ad alcol test. Lakhanisi ovviamente è risultato positivo: era effettivamente in stato di ubriachezza. I campioni sono stati consegnati alle autorità ma la famiglia delle vittime è in attesa dei risultati dell’autopsia. Solo così, infatti, si potrà chiarire l’esatta cronologia dei fatti e capire cos’ha portato alla duplice morte. Se il chirurgo fosse stato sobrio avrebbe potuto far fronte a qualsiasi inconveniente, purtroppo però la sua mente e i suoi riflessi erano annebbiati dall’alcol. Qualché bicchiere di vino sono costati due vite e hanno rovinato anche quella del medico. Un prezzo decisamente troppo alto da pagare. Il giorno più bello della vita della giovane Keminiben si è trasformato nella tragedia più angosciante, per un caso di malasanità che ha lasciato tutti a bocca aperta e col cuore dolorante.
Infermiera dimentica un phon acceso
Inaccettabile anche quanto accaduto in una struttura di Zhumadian, in Cina. L’infermiera aveva il compito di lavare 3 neonati, per poi asciugarli con un apposito phon. Peccato però che al termine dell’operazione sia stata chiamata in un’altra stanza e l’abbia lasciato acceso vicino ad uno dei piccoli. Ad accorgersi di quanto stava accadendo è stato un chirurgo durante il suo giro di controllo, 2 ore dopo. Quell’arco temporale era stato decisamente troppo lungo e il getto caldo dell’apparecchio aveva ormai bruciato la pelle di quel bimbo di soli 4 giorni. I tessuti erano ormai rotti e l’unica mossa possibile è stata quella di amputare la gamba. È andata meglio agli altri bambini presenti nella stanza, i quali hanno riportato delle bruciature più lievi destinate a guarire nel giro di poco tempo.
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