Chirurgia d’urgenza, quegli angeli in camice che scaldano l’anima

In un ospedale ci sono reparti più delicati di altri, dove la competenza, l’esperienza e l’etica sono ancora più necessari per la rapidità richiesta dall’intervento e per rispetto verso il paziente e per la sua famiglia. Uno di questi è la chirurgia d’urgenza, branca della chirurgia generale, una divisione ad alta specializzazione il cui compito, delicato, è quello di trattare in urgenza i pazienti chirurgici provenienti dal Pronto Soccorso. Oltre ad avere una grande preparazione teorica e pratica, il personale preposto deve prestare la propria opera nella metà del tempo, se va bene, degli altri reparti tradizionali.

In una struttura sanitaria ci sono reparti in cui il ritmo è più frenetico rispetto agli altri e dove il tempo è un fattore fondamentale per la sopravvivenza di un paziente. Uno di questi è la chirurgia d’urgenza, dove vengono trasferiti dal pronto soccorso pazienti con patologie chirurgiche da trattare in regime di emergenza, ovvero entro un’ora, o in regime di urgenza assoluta, entro dodici ore. Non solo: la chirurgia d’urgenza diventa un punto di riferimento fondamentale anche per tutti quei reparti con pazienti che presentino problemi chirurgici con le stesse caratteristiche di quelli del pronto soccorso.

Per lavorare in questo specifico reparto è necessaria non solo la competenza ma anche quella lucidità mentale e quella fermezza che consente di prendere decisioni importanti nel più breve tempo possibile. L’esempio classico è quello del trattamento del paziente con sindrome da politrauma: il chirurgo d’urgenza in questo specifico caso, collaborando anche con il rianimatore e il medico d’urgenza, deve stilare una lista di priorità d’intervento per risolvere i problemi più gravi e stabilizzare il traumatizzato.

“L’urgenza fa pensare in fretta”, spiega la dottoressa Francesca Zotta, specializzanda al primo anno al Policlinico Agostino Gemelli di Roma e membro dell’equipe del Dirigente Medico responsabile di Struttura Complessa, il Professor Gabriele Sganga. “La difficoltà principale è capire le priorità e salvaguardare il paziente da qualsiasi problema che possa scompensarlo”. Ovviamente, minore è il tempo a disposizione per prendere una decisione, più probabile è l’errore umano.

“È facile sbagliare. Il rischio c’è”, prosegue la dottoressa Zotta, “L’importante è concentrarsi al massimo e valutare ogni sintomo senza tralasciare nulla, anche ciò che potrebbe sembrare di poco conto. Il personale medico deve assolutamente valutare con attenzione ogni dato a sua disposizione contenuto nella cartella clinica del paziente cercando anche di mettere in relazione i vari referti diagnostici”. Per questo i dottori che prestano la propria opera in chirurgia d’urgenza non solo si confrontano quotidianamente, e anche più volte al giorno, su un dato paziente ma si avvalgono della consulenza di medici o chirurghi specializzati in altri ambiti: ortopedici, cardiochiurghi, neurologi.

Per quanto riguarda gli interventi in sala operatoria più eseguiti in chirurgia d’urgenza, al primo posto ci sono le laparatomie, ovvero le aperture chirurgiche della cavità addominale a scopo terapeutico o diagnostico. Poi tutti gli altri tipi di interventi che hanno lo scopo di stabilizzare un paziente che si trova in uno stato di imminente pericolo di vita.

Certamente la chirurgia d’urgenza non è un reparto facile, dal punto di vista medico ed etico, visto che si è a contatto anche con i parenti del paziente che, ovviamente, scrutano ogni minima espressione e analizzano ogni singola parola pronunciata dal medico pur di venire rassicurati sulle condizioni del loro congiunto. Ci sono però dottori che sanno infondere tranquillità anche quando il caso clinico è complicato, che trattano il paziente come una persona, per cui davvero stanno facendo tutto il possibile, e non come il numero di un letto d’ospedale.

Ecco, questi dottori sono i veri angeli della chirurgia d’urgenza, quelli che durante tutta la loro carriera verranno ricordati per la loro perizia e competenza ma anche per il loro cuore. Perché la medicina si studia, con il cuore ci si nasce.

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