Aglio, l’80% arriva dalla Cina ed è tossico: come riconoscerlo

L’aglio acquistato in Italia proviene dalla Cina ed è risultato tossico ad una serie di controlli qualità. L’allarme tocca da vicino anche il Belpaese visto che la maggior parte di quello venduto nella penisola si può rivelare estremamente pericoloso per la salute dei consumatori. Con questo non si vuole certamente operare alcuna discriminazione sulle produzioni internazionali ma ad onor di cronaca è necessario precisare che l’aglio prodotto dal paese del Sol levante nasconde più insidie di quanto sia possibile tollerare. Prima di tutto è stato dimostrato che molto spesso gli agricoltori sbiancano i bulbi con la candeggina per eliminare i parassiti e per far apparire il prodotto più chiaro, splendente e quindi appetibile. Non meno importante, in Cina c’è un livello di inquinamento davvero notevole a causa a della presenza massiva di metalli pesanti – quali il piombo, l’arsenico e il cadmio – che contamina sia il suolo che l’atmosfera. Infine, l’Oriente autorizza il ricorso a prodotti chimici e pesticidi che in Europa sono severamente vietati.

Piuttosto che consumare teste di aglio che presentano macchie naturali si preferisce smacchiarlo con prodotti chimici di varia natura. Una scelta discutibile della quale però il consumatore non viene nemmeno messo a conoscenza. Se però si considera che addirittura l’80% del prodotto venduto in Italia proviene dalla Cina, allora la questione diventa davvero grave. Ma niente paura, esistono dei particolari che permettono di riconoscere l’aglio cinese da quello italiano. L’aglio incriminato il più delle volte ha delle radici a stelo poiché, data la massiccia esportazione, i produttori tendono a rimuoverle per risparmiare spazio e danaro nella spedizione. Il peso invece è inferiore poiché contiene una quantità d’acqua maggiore rispetto a quello italiano. Infine, il costo: l’aglio cinese è meno intenso e tende a lasciare un retrogusto amaro, quasi metallico.

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