Per Alfie Evans non esisteva una cura e il piccolo è morto a soli 23 mesi: a qualche giorno di distanza uno studio internazionale ha capito come bloccare una patologia simile che distrugge il cervello dei bambini.
Una malattia degenerativa, appartenente alla stessa famiglia di quella di Alfie Evans, sembra aver trovato una cura. Merito di una sperimentazione internazionale durata 3 anni che ha visto coinvolti l’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, il centro medico universitario Hamburg-Eppendorf di Amburgo, l’ospedale Great Hormond Street di Londra e il Nationwide Children’s Hospital della Ohio State University a Columbus. La patologia in questione è la ceriodolipofuscinosi neuronale di tipo 2 (Cln2), rara e devastante, che distrugge il cervello dei bambini compromettendo in modo irreparabile il loro sistema nervoso.
La Cln2 è causata da mutazioni genetiche che portano alla riduzione di un particolare enzima, necessario al normale funzionamento del cervello. I bambini colpiti dalla malattia alla nascita sembrano sani ma nel secondo anno di vita cominciano a manifestare i terribili sintomi, tra i quali si annoverano ritardi nel linguaggio e crisi epilettiche. Con il passare del tempo la situazione peggiora: il piccolo comincia ad avere difficoltà motorie, perde alcune capacità (come ad esempio la vista) e arriva alla demenza. Ad esserne coinvolta è circa una persona ogni centomila.
Il nuovo farmaco dà una speranza ai genitori che si trovano ad affrontare un simile dramma. A tutti i bambini dello studio è stato infuso, direttamente a livello cerebrale, il farmaco contenente un principio attivo: è lui a sostituire l’enzima mancante nei bambini affetti dalla malattia. L’effetto della terapia è stato considerato positivo e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica New England Journal of Medicine. A quanto pare l’87% dei bambini che hanno completato la sperimentazione non è andato incontro al declino motorio e del linguaggio che invece si sarebbe dovuto verificare. La terapia ha già ottenuto sia l’approvazione della Food and Drug Administration che quella dell’Agenzia europea per i medicinali, atte a valutare i farmaci.
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