L’alimentazione e il tumore sono legati da un filo molto spesso: il libro di Massimo Bonucci afferma che “quello che mangi fa la differenza” e dà consigli pratici per curare ma soprattutto prevenire il male.
Ormai è chiaro, determinati cibi sono amici della salute mentre altri spianano la strada a diverse patologie tra cui i tumori. Massimo Bonucci, specialista in oncologia medica e presidente di Artoi, (Associazione di ricerca per la terapia oncologica integrata) ha pubblicato un libro che si occupa esattamente di questa tematica. Il titolo è Quello che mangi fa la differenza. I cibi consigliati e quelli da evitare per prevenire e curare il male, il cui fulcro sono una serie di consigli alimentari volti a curare e prevenire la formazione dei tumori. Il punto di partenza di Bonucci si può sintetizzare nella parola “interazione”: inutile pensare che il corpo sia diviso in compartimenti stagni, essi si relazionano continuamene e per prevenire qualsiasi tipo di malattia è necessario coordinare diversi fattori.
In altre parole, la salute è il frutto di “un equilibrio tra diversi fattori e l’alimentazione gioca un ruolo fondamentale in questa partita”, scrive Bonucci. Ecco perché il paziente oncologico non può mangiare tutto ciò che vuole. Ma allora cos’è meglio per lui? Le buone pratiche da elencare potrebbero essere numerose: evitare diete iperproteiche, allontanarsi da carboidrati raffinati, ridurre il consumo di carne, pesce di grossa taglia e latticini, non affidarsi a iperico, ginkgo biloba, pepe e soia. Da favorire invece l’aloe vera, la curcumina e il the verde, i quali vengono associati persino ad alcuni farmaci chemioterapici.
A livello terapico viene rivalutata l’oncologia integrata, la quale non esclude a priori nessun tipo di trattamento. Semmai aggiunge alla medicina tradizionale e alla chirurgia l’agopuntura, la fitoterapia, l’omeopatia e, appunto, l’alimentazione. Il discorso di Bonucci si conclude con la motivazione di tale comportamento: potrebbe rivelarsi la strada più giusta per evitare effetti collaterali, aumentare l’efficacia dei farmaci e quindi la possibilità di guarigione, ma soprattutto migliorare la qualità di vita del paziente oncologico.
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