Emiliano Mondonico si è spento dopo aver combattuto contro la Bestia: il cancro lo aveva costretto ad abbandonare il calcio e a sottoporsi a diverse operazioni che tuttavia non avevano mai risolto del tutto la sua situazione.
Emiliano Mondonico è stato l’allenatore di moltissime squadre di serie A e B quali Torino, Atalanta, Napoli, Fiorentina e Cremonese (riportata in serie A dopo 50 anni) ma da qualche anno si dedicava solamente ai bambini dell’oratorio e a un gruppo di alcolisti che cercava di riavvicinare alla vita attraverso il calcio. Il motivo dell’abbandono era stata la comparsa di un cancro, che lui chiamava la Bestia. Purtroppo cure e operazioni chirurgiche non erano riuscite a risolvere la sua malattia. “A febbraio devo fare un nuovo controllo. Ma stavolta se la Bestia si ripresenta non la combatto più”, aveva detto in una delle sue ultime interviste nel novembre 2017. Così è stato e mister Mondonico è scomparso a 71 anni dopo una lunghissima battaglia.
A gennaio 2011 aveva lasciato momentaneamente la panchina dell’AlbinoLeffe per affrontare un tumore all’addome ma era tornato a febbraio 2012 dopo essere stato operato. A giugno dello stesso anno nuove complicazioni lo avevano costretto a lasciare temporaneamente le sue attività lavorative: l’operazione non era stata risolutiva ma a novembre aveva annunciato di aver sconfitto il sarcoma che lo aveva colpito, ovvero un tumore maligno del tessuto connettivo. Questi solitamente nascono come tumori benigni ma metastatizzano per poi ripresentarsi e, pur essendo piuttosto rari, in molti casi possono essere curati attraverso un mix di chirurgia e chemioterapia.
Dopo 7 anni di ospedali, battaglie e operazioni, Mondonico riusciva ancora a parlare della malattia con un sorriso. Alla domanda ‘Come va?’, rispondeva: “Oggi sto bene, domani chissà. Se mi tagliano ancora, non sanno più come ricucirmi”. A maggio 2017 aveva partecipato a Milano ad un evento organizzato dall’Istituto tumori in piazza XXIV Maggio e in quell’occasione aveva speso parole importanti nei confronti della ricerca: “Deve fare breccia” – aveva detto, per poi proseguire con invidiabile serenità – “Questo istituto mi sta regalando tantissime speranze anche se la situazione non si risolve. Ho però bisogno che la ricerca continui ad andare avanti e posso dire che con lo staff si è creata un’amicizia perché non ti trattano da numero ma come un loro amico“. Uno spirito semplice e umile, che purtroppo ad un certo punto ha dovuto arrendersi.
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