Salute

Ibuprofene shock: danneggia la salute sessuale e riproduttiva dell’uomo

Uno studio internazionale ha dimostrato che utilizzare assiduamente l’Ibuprofene porta l’uomo a condizioni come l’ipogonadismo, compromettendo la salute sessuale e riproduttiva.

L’Ibuprofene viene utilizzato per tenere sotto controllo molti disturbi comuni quali mal di testa, mal di denti, infiammazioni e dolori articolari. Questo tipo di analgesico antinfiammatorio è quindi sempre presente nell’armadietto dei medicinali degli italiani. Una ricerca internazionale potrebbe però influire su quest’abitudine e ridurre l’utilizzo dell’Ibuprofene in favore di altri medicinali con un diverso principio attivo. Il gruppo è stato guidato dall’Istituto nazionale per la salute e la ricerca medica (Inserm) di Rennes, Francia, il quale ha voluto portare sotto l’occhio di tutti alcune caratteristiche meno note del farmaco.

Lo studio ha associato l’utilizzo dell’Ibuprofene alla salute riproduttiva maschile: è emerso che dopo l’assunzione ripetuta del medicinale si registra una riduzione nella produzione degli ormoni sessuali maschili, con condizioni che portano al cosiddetto ipogonadismo. Ma non finisce qui: il problema può sfociare in danni al ciclo riproduttivo dell’uomo con relativi contraccolpi anche sulla sua salute fisica e psicologica. Insomma, la lista degli aspetti negativi è decisamente più lunga di quanto si potesse pensare e tali considerazioni sono stati pubblicate sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.

Lo studio ha preso in considerazione un campione di 31 uomini di età compresa fra i 18 e i 35 anni, coinvolgendoli in un trial clinico. Ai volontari sono stati somministrati circa 1200 mg di ibuprofene al giorno per un periodo di 6 settimane. Dopo 2 settimane di assunzione l’equilibrio ormonale maschile presentava delle variazioni – a differenza del gruppo di controllo – soprattutto nelle funzionalità dei testicoli (riduzione della produzione di testosterone) e delle gonadi (infertilità, disfunzione erettile, depressione, diabete e malattie cardiovascolari). L’effetto è risultato ancora più marcato a distanza di 6 settimane. Resta da chiarire il meccanismo con cui il farmaco altera la produzione ormonale e, ancora più importante, se si tratta di un effetto completamente reversibile alla sospensione del farmaco.

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