Il trapianto di feci è una tecnica che permette di affrontare alcune patologie per le quali si è sviluppata la resistenza agli antibiotici: in che consiste, quali vantaggi e quali effetti collaterali ci sono.
Trapiantare del materiale fetale da un donatore sano ad un altro portatore di germi antibiotico-resistenti. È questo in sostanza il trapianto di feci, volto a superare con successo delle infezioni potenzialmente incurabili. In gergo viene definito “Fecal microbiota transplantation” e il reparto di Malattie infettive dell’ospedale San Gerardo di Monza vuole puntare proprio su questa tecnica all’avanguardia per decolonizzare il tratto gastro-intestinale dei pazienti più a rischio.Tale struttura non è certo l’unica a pensarla così: l’antibiotico-resistenza è una questione che in molti vogliono risolvere e il trapianto di feci sembra una delle vie più accreditate.
Il batterio KPC ha un tasso di mortalità pari all’80 per cento nei pazienti immunodepressi ed è estremamente difficile da eradicare. A tal proposito sono stati fatti dei test volti a verificare la reale fattività del trapianto. Lo studio ha coinvolto 25 pazienti colonizzati da KPC nei quali è stato ripulito l’intestino con l’introduzione di materiale fecale inserito tramite sondino naso-digiunale. A distanza di 1, 3 e 6 mesi è stato eseguito un controllo: i dati preliminari, in circa la metà dei pazienti trattati, hanno mostrato una negativizzazione (già visibile dopo 7 giorni).
I benefici derivano dalla naturale eliminazione del batterio nocivo e dal contemporaneo ripristino della normale flora batterica. Ovviamente bisogna ricorrere ad ulteriori follow-up nel medio e lungo periodo, al fine di verificare la tenuta nel tempo. Se i risultati dovessero continuare ad essere positivi si passerebbe ad una fase allargata dello studio per valutare l’efficacia del trapianto su un maggiore numero di pazienti.
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