Il metodo Zamboni per combattere la sclerosi multipla è stato bocciato: dopo attente ricerche la pratica dell’angioplastica sui malati non ha convinto gli esperti.
Contro la sclerosi multipla sembrava esserci una soluzione in grado di suscitare la stima e la fiducia di una larga porzione di medici e pazienti. Si tratta del metodo Zamboni, dal nome del suo creatore. Il prof. Paolo Zamboni dell’Università di Ferrara, il quale aveva avanzato l’ipotesi che l’angiolastica venosa potesse essere la procedura più adatta a trattare i pazienti affetti da questa terribile malattia neurodegenerativa. Un servizio de Le Iene ne aveva esaltato i risultati e Nicoletta Mantovani, vedova di Luciano Pavarotti, ha raccontato di aver migliorato tantissimo la propria condizione grazie a questa tecnica.
Ora però arrivano brutte notizie. Lo studio Brave Dreams, finanziato dalla Regione Emilia Romagna e promosso dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara, ha voluto verificare se l’angiolastica fosse davvero efficace oppure no. I risultati sono stati pubblicati on-line dalla rivista Jama Neurology e presentati dallo stesso Zamboni in occasione del Veith Symposium di New York. Il risultato però non è stato all’altezza delle aspettative: nei pazienti inclusi in questo studio, infatti, l’intervento di angioplastica non ha modificato il naturale decorso clinico della malattia né l’accumulo di nuove lesioni cerebrali.
Ecco perché si è giunti ad una conclusione negativa: in pazienti con sclerosi multipla il trattamento con angioplastica venosa del collo non è indicato. La teoria di Zamboni si poggiava su un assunto principale: il miglioramento del flusso venoso di ritorno dal cervello ottenuto attraverso un intervento di angioplastica avrebbe potuto migliorare, o anche solo rallentare, il decorso naturale della malattia. La sclerosi multipla porta ad una progressiva disabilità a causa della perdita di mielina: è la crescente difficoltà subita dal segnale nervoso nel suo compito di propagarsi lungo il corpo a causare danni.
Brave Dreams ha dimostrato che non ci sono differenze tra i pazienti che si sono sottoposti all’angioplastica e quelli che invece sono stati oggetto di un intervento simulato. Se il metodo Zamboni già raccoglieva diverse critiche e scetticismo, lo studio sopracitato sembra essere destinato a porre un punto definitivo alla querelle. Lo stesso autore, durante una conversazione tenuta su Facebook subito dopo la sua presentazione negli Usa, ha dichiarato che “questa procedura non può essere usata indiscriminatamente nella sclerosi multipla”.
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