Una pillola che rivela quando si prende la medicina e si sta seguendo con attenzione la terapia: come funziona Abilify MyCite e cosa ne pensano i pazienti.
La Food and Drug Administration ha approvato la prima pillola digitale, ovvero un medicinale che invia un segnale a un’applicazione ogni volta che viene ingerito. Questo ovviamente permette al medico, al paziente e ai familiari dello stesso di tracciare una sorta di percorso per capire se la cura viene seguita con costanza oppure no. In altre parole, è possibile migliorare il controllo delle abitudini dei pazienti. A sviluppare questo prodotto è stata l’azienda farmaceutica giapponese Otsuka Pharmaceutical in collaborazione con Proteus Digital Health, una società californiana che si è occupata di progettare il sensore.
L’approvazione del nuovo sistema, in ogni caso, non è stata accettata all’unanimità. Al contrario, si sta discutendo su diversi aspetti che non convincono del tutto. Prima di tutto, la privacy: sebbene la pillola intelligente potrebbe consentire ai medici di assicurarsi che i loro pazienti assumano i farmaci prescritti, dall’altro lato ciò potrebbe anche portare a violazioni della privacy. Il tutto, ovviamente, in un ambito delicato come quello sanitario. Il funzionamento deriva dalla pillola Abilify di Otsuka, utilizzato per trattare stati di depressione, disturbi bipolari e schizofrenia. All’interno della pillola è stato messo un sensore, nella forma di piccole dosi di rame, magnesio e silicio. Niente paura: si tratta di piccoli elementi spesso presenti nel cibo e non pericolosi, i quali però a contatto con i succhi gastrici dello stomaco producono un segnale elettrico a bassa intensità per qualche minuto. Questo segnale viene captato da un cerotto, che a sua volta deve essere indossato sul lato sinistro della cassa toracica e sostituito una volta a settimana.
Il cerchio si chiude tramite Bluetooth, visto che il dispositivo manda la conferma di avvenuto ingerimento insieme ad altre info relative al paziente (parametri del suo stato di salute, attività fisica, etc). Il paziente può aggiungere anche l’umore e le ore dormite, il tutto collegato ad un database che si aggiorna periodicamente e che può essere consultato anche dal medico. Nonostante diverse aziende – tra cui Novartis e Medtronic – abbiano investito capitali ingenti per permettere al dispositivo di essere perfezionato in fretta (si parla di 400mila euro) esso ha raccolto pareri contrastanti. I timori si sono rivolti in due direzioni: la complessità dell’intero processo (nonostante in fondo sia piuttosto intuitivo) e i pazienti cui è destinato. Trattandosi di persone affette per lo più da disturbi mentali, legati al carattere e all’umore, saranno disposti a diventare un libro aperto nel vero senso della parola?
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