Sindrome del bambino scosso: non bisogna scuotere il bambino quando piange e una campagna con Alessandro Preziosi ne spiega i motivi.
L’arrivo di un figlio, soprattutto se si tratta del primo, porta con sé tanta gioia ma anche un grosso sconvolgimento nella vita dei neo-genitori. A volte può capitare che la mamma o il papà abbiano dei contraccolpi psicologici e che, involontariamente, sfoghino questi sentimenti sul piccolo. È proprio da questa possibilità che nasce la shaken baby syndrome, ovvero la sindrome del bambino scosso: scuotere il piccolo per farlo smettere di piangere – soprattutto se si è stanchi – è pericoloso e va evitato, ma perché mette a rischio la salute dei figli e con quali tecniche alternative va sostituito?
Il motivo è che il senso di frustrazione, rabbia o impotenza provocato dal pianto del bambino può spingere il genitore a scuotere il piccolo in maniera più violenta di quanto si voglia o si percepisca. In altre parole, una semplice azione calmante può trasformarsi in un vero maltrattamento. Terres des Hommes ha presentato la prima campagna nazionale sul tema, dal titolo “Non scuoterlo!”, corredato dal sito internet nonscuoterlo.it e da uno spot interpretato dall’attore Alessandro Preziosi per diffondere i dettagli di questa shaken baby syndrome. In Italia il fenomeno è ancora poco conosciuto ma diverse strutture ospedaliere hanno confermato la necessità di informare i genitori per prevenire il problema. Ciò ha spinto Terres des Hommes a muoversi in quella direzione.
Dalla nascita fino al 18º mese di vita il bambino tende a piangere molto. Quando viene scosso violentemente la testa ed il cervello in esso contenuto subiscono forze di accelerazione e decelerazione che danneggiano alcuni meccanismi dei neuroni e delle fibre nervose, dei vasi sanguigni intracranici e degli occhi. La conseguenza immediata è un’alterazione di coscienza e funzioni vitali, difficoltà nella respirazione, rallentamento del battito e molto altro: nel neonato possono sopraggiungere emorragia cerebrale, spinale o retinica (ovvero la rottura dei vasi), edema cerebrale, atrofia del cervello (i neuroni che hanno sofferto nella fase acuta possono morire) e persino il decesso. I casi sospetti arrivati in ospedale sono più numerosi di quanto si possa pensare e dalle loro storie emerge una questione che va sicuramente risolta al più presto possibile.
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