La Dove ha ritirato il suo ultimo spot, nel quale una donna nera diventa bianca in seguito all’utilizzo del sapone: la feroce polemica del web, le giustificazioni dell’azienda.
La Dove, brand del gruppo Unilever, è stata al centro di una feroce polemica sul web. Tutta colpa dell’ultimo spot giudicato razzista e poco rispettoso delle etnie. La pubblicità è stata prontamente ritirata e l’azienda ha porto le proprie scuse per il modo in cui sono state interpretate le immagini, eppure ogni mossa è stata nulla in confronto al polverone sollevato dall’attento popolo dei social. Ma facciamo un passo indietro. La campagna pubblicitaria puntava, a detta dell’azienda, a dire che i prodotti Dove rappresentano le donne di qualsiasi colore e l’idea è stata resa in questo modo: una sorridente ragazza nera si toglie un maglione marrone e afferra un flacone di bagnoschiuma a marchio Dove. Mentre si sfila il capo, però, la donna si trasforma in una giovane caucasica dai capelli rossi che indossa una maglia beige.
Quando si sfila anche la t-shirt, la protagonista dello spot assume le fattezze di un’asiatica. Alla luce delle giustificazioni del brand si può comprendere che l’alternanza delle varie etnie voleva semplicemente mostrare l’universalità del prodotto, eppure è impossibile guardare i primi fotogrammi senza pensare che si sponsorizzi un sapone che sbianca la pelle. Ciò ha attirato una lunga serie di accuse di razzismo, comprensibili se visti alla luce dei precedenti dell’azienda. Nel 2011 una pubblicità mostrava 3 ragazze disposte in ordine cromatico, dalla più scura alla più chiara: sulla ragazza di colore compariva la scritta “before” mentre sulla ragazza bianca quella “after” (alla fine dell’articolo ne trovate un fotogramma).
Stesso problema nel 2015: su un flacone di crema era presente la scritta “da pelle normale a scura”, come a dire che quella scura non fosse normale. Volendo credere alla buona fede di Dove e Unilever, va detto che tre leggerezze sono davvero tante. All’azienda non è restato che cancellare sia lo spot che le immagini precedentemente condivise su Facebook, per poi chiedere scusa su Twitter. “Un’immagine che abbiamo recentemente postato su Facebook non è riuscita a far capire che rappresentiamo donne di qualsiasi colore. Ci dispiace molto se abbiamo offeso qualcuno”. Per il momento il caso è stato chiuso, resta da vedere se le prossime campagne sapranno restare alla larga dalle accuse di discriminazione e razzismo.
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Photo credits Facebook
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