Il comico e presentatore toscano Paolo Ruffini ha preso parte a Cattivissimo Me 3 come doppiatore di Balthazar Bratt, il villain più anni ’80 che si sia mai visto al cinema. Divertimento a parte, Ruffini ha parlato dei concetti di famiglia e felicità descritti dal cartone e perfettamente concordi, a suo avviso, con quanto possiamo vedere nelle case degli italiani.
“Bratt è un bambino ferito: quand’era piccolo hanno cancellato il suo show in tv e lui è rimasto ossessionato da questo ruolo che prima gli ha dato popolarità e poi lo ha rifiutato. Più che un cattivo è un infelice: quante volte accade nella vita di tutti i giorni?“. È con queste parole che Paolo Ruffini ha parlato di Balthazar Bratt, il personaggio che ha dovuto doppiare nel terzo capitolo della saga di Cattivissimo Me. Secondo lui il cartone animato tocca da vicino temi attualissimi quali il concetto di felicità e di famiglia allargata, aspetto che lo avvicina agli spettatori più di quanto si possa immaginare. In fondo Gru cresce le sue figlie insieme alla compagna Lucy, la quale non è la vera mamma delle tre ragazzine nonostante si impegni per entrare a far parte della loro vita. Le dirette interessate si mostrano disponibili ma non è facile fare i conti con un istinto materno che non è quello della propria mamma biologica.
Com’è lavorare ad un progetto planetario come Cattivissimo Me?
È una lusinga. È un privilegio dare la voce ad un personaggio che poi fa parte dei sogni dei bambini, sono molto onorato.
Come ti spieghi questo successo immenso che dura nel tempo?
Credo che sia un brand che funziona nel tempo perché è politicamente urgente: si parla di una famiglia che alla fine non è una semplice famiglia “di sangue”, si leggono tante storie di questo tipo sui giornali. È catartico: parla di un cattivo che alla fine non è proprio un cattivo. Credo che il grande tema di questo terzo episodio di Cattivissimo Me sia la felicità: io ad esempio doppio Balthazar Bratt che è un grande infelice. Ha visto fallire la sua carriera ed è diventato cattivo. Credo che questo tipo di odio faccia parte del nostro tessuto sociale e che vedere il film faccia venire voglia di diventare più buoni.
E l’insegnamento in effetti non è così difficile da vedere…
Bratt è estremo, è un folle, però posso dire che è un cattivo che comprendo: è ferito. A me ha fatto capire che anche se nella vita alcune cose non vanno come vorresti, puoi risolverle. Per questo possiamo dire che Cattivissimo Me parla di te anche se ancora non lo sai.
Hai qualcosa in comune con il personaggio che doppi?
Prima di tutto anch’io a 13 anni avevo quei baffetti che se sei innamorato è un problema grave: se ti guardi allo specchio ti rendi conto che nessun essere umano ti può amare se hai quella peluria. Non sono proprio baffetti, cosa sono? Setoline che ti vengono sotto al naso? Poi vorrei fare dei palloncini con le Big Babol come lui e mi garba come si veste: è uno che ha un certo stile.
Photo e video VelvetMag / Facebook
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