Il bambino curato con l’omeopatia era morto a soli 7 anni e il medico era stato sottoposto a giudizio: ora arriva la condanna e consiste in 6 mesi di sospensione.
Il piccolo Francesco Bonifazi, 7 anni, era entrato in coma e morto pochi giorni dopo a causa di una semplice otite (il link in fondo riporta all’intera vicenda). Il medico che lo aveva in cura aveva deciso di ricorrere all’omeopatia per risolvere il problema ma la guarigione stentava ad arrivare. Dopo 15 giorni di peggioramenti continui il bambino era entrato in coma e la più tragica delle conclusioni era sopraggiunta poco dopo: morte per encefalite. I genitori di Francesco erano rimasti scioccati vista la fiducia riversata nell’omeopatia e l’opinione pubblica non aveva tardato a condannarli di negligenza, eppure i guai peggiori erano ovviamente riservati al medico che aveva scelto la cura.
A distanza di qualche mese l’Ordine dei medici di Pesero ha deciso di sospendere per 6 mesi il medico omeopata Massimiliano Mecozzi che di fatto aveva causato la morte del piccolo Francesco. La decisione è avvenuta dopo lunghe discussioni: al medico viene imputata la violazione degli articoli 15 e 33 del codice deontologico dei medici, in quanto non avrebbe curato il bimbo al meglio garantendone la guarigione. A fronte dell’aggravarsi della patologia, il medico avrebbe dovuto somministrargli degli antibiotici e soprattutto avrebbe dovuto avvisare i genitori dei rischi che stava correndo il bambino. Su di lui potrebbe gravare anche l’accusa di omicidio colposo.
Presente in aula, il dottor Mecozzi ha ascoltato in silenzio la discussione fiume della commissione disciplinare. A far riflettere c’è anche il suo percorso professionale: in passato il dottore aveva lasciato la professione per trasferirsi a Varese e lavorare come facchino in un supermercato. Lì aveva sposato la causa di un’associazione religiosa (“Roveto Ardente”) e in seguito era tornato nelle Marche per proseguire la sua professione nel campo dell’omeopatia. La decisione di sospenderlo per 6 mesi non sarà immediatamente attiva visto che il diretto interessato può impugnare il provvedimento e ricorrere in appello. Non che una sospensione di 6 mesi, d’altronde, possa considerarsi una condanna proporzionata alla morte di un bambino di 7 anni.
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