Frequenza cardiaca e allenamento vanno di pari passo, ma che differenze esistono tra normale, a riposo e massima? Tutto quello che c’è da sapere sull’argomento.
La nozione di base per definire la frequenza cardiaca parla di numero di battiti del cuore al minuto. Districarsi tra le varie formule su cui far affidamento non è semplice (basta seguire il link in fondo all’articolo per saperne di più), ma la differenza maggiore è rappresentata dallo stato in cui si trova il corpo nel momento in cui viene calcolata. Il soggetto che sta indagando la propria frequenza cardiaca può essere a riposo, immerso nell’attività atletica e anche nel massimo sforzo (può cioè sottoporsi ad una fatica crescente fino ad arrivare al punto in cui non potrebbe sopportare di più). Questo fattore ovviamente è fondamentale per il risultato finale, tant’è che ciascun momento dà vita ad un differente valore di riferimento.
Per conoscere la frequenza cardiaca normale (o a riposo) occorre sottoporre il soggetto ad una misurazione standard mentre non è intento a compiere alcun esercizio fisico. In quel momento il cuore pompa la quantità minima di sangue necessaria ad assolvere ai compiti vitali. In assenza di particolari patologie o problemi cardiovascolari il valore dev’essere compreso tra i 60 e i 100 battiti al minuto negli adulti, con picchi di 120 e 180 rispettivamente negli adolescenti e nei neonati. Il momento migliore per rilevare i battiti è al mattino appena alzati, dopo essersi seduti per alcuni minuti, esercitando una leggera pressione sul polso (lì si trova l’arteria radiale) o sul collo (arteria carotide). Se i battiti sono meno di 60 al minuto si parla di bradicardia, se superiori a 100 di tachicardia.
Ancor prima di cominciare a parlare di frequenza cardiaca massima occorre fare una precisazione: il test dev’essere riservato agli atleti agonisti e professionisti mentre i principianti devono tenersene alla larga. Si tratta infatti di un test massimale a piramide che consiste nel sottoporsi ad una fatica crescente finché non si arriva al punto di non resistere più. In altre parole, giunti a quel punto non si potrebbe aumentare ulteriormente l’intensità dello sforzo. In questa particolare circostanza la frequenza massima registrata rappresenta il valore di riferimento.
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