La frequenza cardiaca è un indicatore importante per il corpo, soprattutto quando ci si avvicina all’attività sportiva: come si calcola e che parametri bisogna tenere sotto controllo.
La frequenza cardiaca è il numero di battiti del cuore al minuto. Per calcolarla si utilizza la formula di Karvonen, secondo la quale si sottrae a 220 la propria età (frequenza cardiaca = 220 – età). Ovviamente si tratta solamente di una formula semplice e generica, che nasce dalla media della popolazione e che non può certo considerarsi perfetta data la presenza di evidenti errori (nella formula di Karvonen si sovrastima la frequenza cardiaca delle donne, per esempio). Ecco perché negli ultimi anni è stata spesso soppiantata da una nuova relazione scoperta nell’Università di Boulder (Colorado) da uno studioso giapponese chiamato Hirofumi Tanaka: frequenza cardiaca = 208 – 0,7 x età. La regola impone quindi che l’età sia moltiplicata per la costante 0.7 (così da ottenere un valore pari al 70 per cento della propria età) e che tale prodotto venga sottratto a 208.
Se per i principianti il valore indicativo che emerge dai calcoli può essere considerato utile, esso diventa assolutamente inefficace per agonisti e professionisti dello sport. Per loro l’unico modo per calcolare la frequenza cardiaca consiste nel sottoporsi ad un test massimale, ovvero un test a piramide nel quale un soggetto si sottopone ad uno sforzo crescente fino a quando non resiste più e non potrebbe aumentarne ulteriormente l’intensità. La frequenze massima registrata durante questa prova (che può essere eseguita anche su un semplice tapis roulant o con un cardiofrequenzimetro) sarà ovviamente considerato come il valore di riferimento. Inutile dire che il test massimale non deve essere assolutamente eseguito dai principianti.
Sebbene la frequenza cardiaca sia un valore di riferimento importante, la tendenza è quella di sopravvalutarla. In effetti il motore di un atleta non è rappresentato solamente dal cuore e in ogni caso spesso è più interessante conoscere la frequenza cardiaca di riserva (frequenza cardiaca massima – frequenza cardiaca a riposo), ovvero l’intensità extra raggiungibile da un atleta nonché la differenza tra riposo e sforzo massimo. I test di certo non mancano (potremo citare anche quello di Bruce o quello di Astrand), ed esistono dei valori di riferimento cui rapportarsi:
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