Esiste un interruttore del cancro e un team italiano di ricercatori ha scoperto come spegnerlo per arrestare la crescita delle cellule tumorali. Si avvicina una rivoluzione nelle terapie?
Il cancro – in particolar modo il melanoma, il tumore al pancreas e quello al rene – possiede un interruttore che può essere spento o acceso. A scoprirlo è stato un gruppo di ricercatori italiani, coordinati dal direttore dell’Istituto Telethon di Genetica e Medicina (Tigem) di Pozzuoli Andrea Ballabio (il quale ricopre anche il ruolo di professore ordinario di Genetica Medica all’Università Federico II di Napoli), in collaborazione con l’Istituto europeo di Oncologia. Il lavoro, nel quale il primo autore resta Chiara Di Malta (borsista nel laboratorio di Ballabio) è stato pubblicato dalla rivista Science e spiega com’è stato possibile individuare il meccanismo biologico che regola l’accensione e lo spegnimento del tumore.
Ad essere centrale è stato un meccanismo biologico legato ai lisosomi, ovvero dei particolari organelli cellulari che hanno a che fare con un nutrito gruppo di malattie genetiche rare. Essi svolgono un ruolo chiave nella crescita, spesso incontrollata, dei tumori. Se il meccanismo si intoppa la diretta conseguenza è la crescita tumorale. Perché allora non cercare di intervenire sull’interruttore del cancro, intercettando il processo che può riuscire ad interrompere tale crescita? Con quest’idea ben in testa, il Tigem ha svolto alcuni studi preliminari volti a dimostrare che l’inibizione di questo meccanismo blocca la moltiplicazione delle cellule tumorali. Gli esiti sono stati positivi: l’interruttore esiste e può essere utilizzato per rivoluzionare le terapie antitumorali.
Il termine rivoluzione non potrebbe essere più appropriato. Se finora la chemioterapia si è rivelata la tecnica più efficace per sconfiggere il cancro, al tempo stesso bisogna constatare che essa colpisce il corpo del paziente nella sua totalità, danneggiando così anche le cellule sane. Restringere il campo ai lisosomi e ad alcuni processi biologici nei quali tali organelli sono coinvolti significa riuscire ad intervenire in maniera mirata arrestando l’aumento incontrollato delle cellule maligne e riducendo drasticamente gli effetti collaterali. Parole incoraggianti sono uscite dal direttore generale della Fondazione Telethon Francesca Pasinelli, secondo la quale lo studio conferma quanto le malattie genetiche rare siano un eccezionale banco di prova per la scoperta di meccanismi biologici fondamentali e la messa a punto di strategie terapeutiche innovative come la terapia geni.
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