Che crimine può aver commesso un bambino di 7 anni per rendere necessario un provvedimento tanto eclatante quanto il trasferimento dalla scuola al commissariato… in manette? La disavventura del piccolo Yosio.
Potrebbe quasi sembrare un caso da Guinness dei primati: il primo arresto a soli 7 anni, a Dallas (Stati Uniti). A raggiungere il poco ambito traguardo è stato il piccolo Yosio Lopez, un bambino iperattivo cui non a caso era stata assegnata un’insegnante di sostegno per assisterlo durante le lezioni in classe. Proprio una mattina, in un particolare momento di agitazione, Yosio ha cominciato a sbattere la testa contro il muro in modo violento e ovviamente immotivato. La soluzione della scuola non è stata quella più ovvia, cioè chiamare la famiglia per raccontare l’incidente. Una telefonata è stata fatta, ma dall’altra parte della cornetta c’era la polizia.
Gli agenti hanno prelevato Yosio e l’hanno trasportato in un centro di salute mentale. Lì, continuamente sedato, il bambino è stato trattenuto per ben 7 giorni senza il permesso dei suoi genitori. Inutile dire che la notizia ha fatto il giro del mondo e che la scuola sia stata sommersa da una pioggia di polemiche. L’avvocato della famiglia Lopez ha ricostruito i fatti il dettaglio che scuote maggiormente gli animi e la violenza utilizzata per calmare il bambino. A quanto pare il responsabile della scuola gli avrebbe messo il braccio intorno al collo, senza contare le manette utilizzate dalla polizia.
Il problema di Yosio è di carattere psichico: il piccolo soffre di disturbi da deficit di attenzione, iperattività e un altro disturbo dell’umore. L’avvocato della famiglia ha precisato che non si tratta del primo attacco ma di solito c’era sempre stato un assistente scolastico pronto a calmarlo. L’ultima volta le cose sono andate in modo decisamente differente e i Ramirez non hanno intenzione di far insabbiare la vicenda. La scuola nel frattempo ha reagito col massimo ostruzionismo, dichiarando che “a causa delle leggi federali che proteggono la privacy di tutti gli studenti e delle loro famiglie, è impossibile confermare pubblicamente o negare la questione riportata dai giornali“. Ma è proprio questo il modo di salvaguardare i ragazzi?
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