I dati parlano chiaro: si è verificato un boom di morbillo e gli esperti danno la colpa al calo di vaccini degli ultimi tempi. Torna la polemica sullo spinoso tema che non riesce a mettere d’accordo.
Si credeva che il morbillo fosse stato debellato grazie all’apposito vaccino eppure l’inizio del 2017 ha dimostrato l’esatto contrario. Si è verificato un vero e proprio boom con l’aumento del 230 per cento rispetto al 2016. Quattro regioni hanno raccolto da sole la maggior parte dei casi: Lazio, Toscana, Lombardia e Piemonte. A lanciare l’allarme è stato il Ministero della salute e il ministro Beatrice Lorenzin, sostenuta da un vasto gruppo di esperti che sa bene dove ricercare la causa. Tutto deriva infatti dal calo di vaccini, visto che solamente l’85,3 per cento dei bambini ha completato il ciclo di due dosi non obbligatorie ma fortemente consigliate (nonché completamente gratuite).
La polemica sui vaccini è quindi pronta ad esplodere nuovamente visto che il Ministero ha intenzione di combattere l’epidemia proprio attraverso l’attuazione dell’iniziale Piano di vaccinazione nazionale. Prima di tutto sarà importante far capire l’importanza dei vaccini anche ai genitori più scettici che si rifiutano di sottoporvi i propri figli. Il boom non ha affatto rappresentato una sorpresa visto che il virus del morbillo (Paramyxovirus) è in grado di diffondersi in modo incredibilmente veloce. Basti pensare che è quattro volte più contagioso di quello influenzale. Sebbene molti continuino a considerare i vaccini come qualcosa di innaturale da evitare ai propri bambini, l’invito a cambiare idea è più forte che mai e senza dubbio si susseguiranno diverse strategie di comunicazione e campagne di sensibilizzazione per far passare il messaggio alla più vasta fetta di popolazione possibile.
Giovanni Maga, virologo del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) ha spiegato che scendere sotto la soglia del 95 per cento di copertura vaccinale significa non riuscire più a contenere la diffusione del virus. Al momento la maggior parte dei casi è stata registrata tra pazienti di età compresa tre i 15 e i 39 anni (mentre di solito colpisce più che altro i bambini fino ai 3 anni) e le conseguenze diventano gravi per lo più a causa di complicazioni quali otite, laringite, diarrea, polmonite o encefalite. Se invece ad ammalarsi è una donna incinta, allora la faccenda si complica: aumenta il rischio di aborto spontaneo e, qualora contragga il virus 2-3 settimane prima del parto, molto probabilmente darà alla luce un bambino contagiato.
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