Suo figlio ha bisogno di cure ma a casa ne ha un altro cui badare: ecco perché mamma Karen è costretta a fare la spola tra il suo appartamento e l’ospedale, per un totale di 490 chilometri al giorno. Non c’era posto in ospedali più vicini.
La storia di Karen e dei suoi due figli è destinata a far indignare profondamente. Suo figlio Alex, 7 anni, è stato colpito da una paralisi cerebrale e altre problematiche collegate che devono essere per forza trattate in ospedale. La crisi dei letti che ha colpito non solo l’Italia ma anche la Gran Bretagna, tuttavia, la costringe ad un’agonia ancora peggiore: la donna è costretta a percorrere circa 490 km al giorno per seguire Alex senza trascurare l’altro figlio Josh. La famiglia vive a Paisley, in Scozia, ma nel prestigioso Queen Elisabeth University Hospital della vicina Glasgow (costato oltre 840 milioni di sterline) non c’era posto per lui.
Trattandosi di una situazione estremamente grave – i medici avevano detto a Karen di nutrire poche speranze sulla sopravvivenza del figlio – la mamma ha accettato l’immediato trasferimento in una struttura di Edimburgo. Lì la terapia intensiva avrebbe potuto ridare speranza ad Alex, costringendo però sua madre ad un vero e proprio calvario. Solitamente la sua giornata si struttura in questo modo: porta il figlio Josh a fare colazione con i suoi amici e poi a scuola alle 8.15, va da Alex per parlare con i dottori ma cerca di rientrare a casa prima che Josh torni da scuola alle 15. A quel punto mangia con lui e lo porta dal padre per poter tornare da Alex alle 17, sta con lui fino alle 22 e poi guida fino a Paisley.
Un ritmo di vita veramente insostenibile, ma Karen tiene duro perché le condizioni di Alex stanno migliorando: presto uscirà dalla terapia intensiva perché il letto serve per un altro bambino. La paura di questa donna è volata a tutte quelle persone che non avrebbero potuto dedicare lo stesso tempo ed energie ai figli: possibile che per salvare il proprio bambino sia necessario arrivare così lontano? Karen non augurerebbe a nessuno un’esperienza come quella che sta vivendo e spera che la sua storia possa lanciare un messaggio importante: deve esserci personale preparato e sufficiente disponibilità di letti anche a livello locale, ne va della vita dei più piccoli ma anche di quella degli adulti.
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