Quando viene uccisa una bambina di 3 mesi la tragedia diventa immensa, soprattutto se il suo assassino è il padre. Eppure non tutto è come sembra…
Una tragedia nella tragedia: Emanuela, una bimba di 3 mesi ricoverata in ospedale per crisi respiratorie, è morta per soffocamento. La causa tuttavia non ha a che fare con reali problemi di salute: è stato il padre ad ucciderla con un bambolotto di pezza, come testimoniato dal bambino di 3 anni e mezzo che era in stanza con la piccola. In realtà la storia parte molti anni fa e, probabilmente, questo triste epilogo poteva essere evitato. Il padre della vittima era infatti a sua volta una vittima di se stesso: malato di sindrome di Munchausen per procura, l’uomo tendeva a provocare dolore su stesso – e poi sulla figlia, dal momento della sua nascita in poi – per attirare l’attenzione.
La storia clinica dell’uomo avrebbe dovuto rappresentare un campanello d’allarme sufficientemente consistente: era stato ricoverato 28 volte in 4 anni, prima della nascita di Emanuela. I motivi potevano essere mal di testa, dolori addominali o persino tentati suicidi simulati (una volta ha finto di assumere un’intera confezione di aspirine per poi recarsi subito al pronto soccorso). Quando poi è venuta alla luce la piccola, i disturbi dell’uomo si sono spostati su di lei. A casa era solito tentare di soffocarla con un cuscino, salvo poi portarla subito in ospedale per crisi respiratorie.
Alcuni medici avevano ipotizzato che si potesse trattare di maltrattamenti: d’altronde la bambina in ospedale stava bene e non mostrava tracce dei sintomi che avevo reso necessario il ricovero. A gennaio 2016 era stato disposto l’affido in comunità, revocato dagli assistenti sociali. Rientrata in casa in 2 febbraio, la bambina era stata ricoverata appena una settimana dopo ed è morta la mattina del 12 (il padre l’ha soffocata, ha abbassato il volume del sistema d’allarme ed ha chiamato i medici quando ormai era sicuro che per la figlia non ci fosse più niente da fare). I numeri fanno paura: nell’arco di 3 mesi di vita, Emanuela ne ha passati 67 in ospedale.
Spaventoso anche il comportamento del padre dopo la sua morte: ha voluto assistere all’autopsia, ha cercato di allontanare i sospetti da se stesso, ha denunciato i medici che si stavano occupando della bambina in ospedale, ha cercato di suscitare pietà e commozione in parenti, amici e sacerdoti per ottenere danaro (ha persino provato a parlare con il Papa, chiamando in Vaticano). È il primo caso di padre omicida per sindrome di Munchausen per procura, la speranza è che sia anche l’ultimo.
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