Molte persone decidono di raccontare la propria lotta contro il tumore sul web: gli esempi cominciano a essere numerosi, eppure c’è un motivo per cui lo fanno e per cui fanno davvero bene ad agire in questo modo.
Giorgia Libero, 23 anni, non ce l’ha fatta: è morta ad agosto 2016 lasciando migliaia di persone in lacrime. Molte di queste nemmeno la conoscevano di persona, avevano semplicemente letto la sua storia su Facebook, dal profilo che lei stessa riempiva di sfoghi, stati d’animo, referti medici che sperava di non ricevere… E poi c’era l’amore del suo fidanzato Federico, che le ha stretto la mano fino all’ultimo respiro (LEGGI ANCHE: GIORGIA HA PERSO: È MORTA LA RAGAZZA CHE AVEVA RACCONTATO IL TUMORE SUL WEB).
Selene Maggistro, 29 anni, era già molto conosciuta su internet: era stata lei a creare la “fidanzata psicopatica”, un personaggio che aveva fatto entrare la sua pagina nella top ten delle pagine di maggior successo. Le diagnosticano un tumore al cervello nell’agosto 2015 e comincia, con il suo giorno 0, un vero e proprio diario della malattia. “Il diario è tanto lungo, e questa storia non è finita. Però vi tengo aggiornati, giuro”.
A Roberta Salvati, 30 anni, hanno scoperto invece il linfoma di Hodgkin (il quale, se trattato prontamente con chemio e radioterapia, ha buone possibilità di guarigione). Dopo averlo scoperto ha aperto un blog dallo scherzoso nome ‘Daje Robs’ per darsi coraggio e regalare la propria testimonianza ad altre persone che condividono lo stesso male. Oltre alla famiglia, anche gli utenti della rete l’hanno sostenuta durante il cammino. Alla fine è arrivata la bella notizia: “Risonanza pulita. Oggi vinco io e vince il sacrificio di mia mamma!”.
Queste 3 storie di donne sono accumunate dallo stesso atteggiamento: raccontare apertamente del tumore su internet, come se ci si stesse confidando con il proprio diario o con i propri amici più intimi. Ma come mai sempre più persone scelgono di intraprendere questa strada? Gli esperti hanno provato a dare qualche risposta: in primis si riesce a integrare la malattia nella propria quotidianità, senza contare che in ogni caso viene messa in luce la persona più che la malattia. Il web riesce ad abbattere quel muro di silenzio, solitudine, omertà e vergogna che circonda il malato. Per tutti questi motivi terapeuti e medici hanno cominciato a definirla ‘blog terapia’: parlare apertamente del proprio tumore aiuta a sfogarsi, a levargli quell’alone di ineluttabilità dando al tempo stesso una dimostrazione pubblica che può diventare una testimonianza di forza per chiunque viva la stessa situazione. Un’arma a doppio taglio, che tuttavia ferisce il cancro con entrambe.
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