La crisi economica non ha fatto male solamente alle tasche degli italiani: anche il numero dei decessi a causa dei tumori ha subìto una crescita dal 2008 ad oggi. Ecco il risultato del danaro che non può più essere speso per la sanità.
Su The Lancet è stato pubblicato uno studio dai risultati preoccupanti: la crisi economica che sta attraversando ormai da anni l’Italia, l’Europa e l’intero globo terrestre ha avuto un impatto disastroso sulla salute dei cittadini. Lo dimostrano i dati raccolti dall’Organizzazione Mondiale della sanità, i quali hanno preso in esame ben 71 Paesi nell’arco di 21 anni (1990-2010). La disoccupazione e il taglio della spesa pubblica ha portato ad un innalzamento del tasso di mortalità per le patologie oncologiche. In termini numerici, si può affermare purtroppo che la crisi è costata circa 260mila decessi in più nei Paesi OCSE, di cui 160mila nell’Unione Europea.
La fonte è più che autorevole: gli scienziati americani di Harvard in collaborazione con gli inglese del King’s College di Londra e Oxford. I tumori presi in esame sono stati: colon-retto, polmone, prostrata e seno considerati curabili e legati a speranze di sopravvivenza, se curati, pari o superiori al 50 per cento. Proprio per i tumori trattabili si è verificata la maggior flessione: i cittadini non hanno avuto accesso alle dovute cure a causa di un reddito inferiore alla media e non sono potuti guarire. È stato calcolato che l’1 per cento di disoccupazione ha corrisposto ad un aumento delle morti dello 0,37 ogni 100mila persone.
Ammesso che una sola vittima in un più del dovuto sarebbe una sconfitta per gli Stati, incapaci di tutelare i propri cittadini, il numero assume la portata di una catastrofe se rapportata alle cifre dell’intera popolazione mondiale. Il professor Maruthappu, primo autore dello studio, ha affermato: “Il cancro è una delle principali cause di morte nel mondo, quindi comprendere in che modo i cambiamenti economici influenzano la sopravvivenza è cruciale. Tagli alla sanità possono costare la vita“. Di sicuro ci sarà da meditare e da rivedere alcune pratiche istituzionali, affinché sia garantito lo stesso livello di cura ai pazienti a prescindere dalla loro occupazione e dal loro reddito.
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