Un rappresentante di pacemaker in sala operatoria con un bisturi in mano: il video (diffuso nel 2014 dal programma di Rai3 Report) non era bastato al rinvio a giudizio, arrivato ora con quasi 2 anni di ritardo. Una storia di malasanità e al tempo stesso di giustizia inadeguata.
La storia di Fabio Tridici è cominciata nel 2014, quando un servizio di Report aveva smascherato le sue attività: operava a cuore aperto al posto del chirurgo Michele Galluccio Mezio nonostante non fosse un medico. In realtà non era nemmeno un infermiere o un fisioterapista: era un rappresentante di pacemaker. Un membro dell’equipe della sala operatoria aveva deciso di immortalare i due complici e aveva mandato il video alla trasmissione di Rai3, la quale aveva prontamente verificato la veridicità dei fatti. La giustizia italiana, tuttavia, si è dimostrata molto meno solerte e ci ha messo quasi 2 anni per rinviare a giudizio il venditore.
L’accusa è tanto chiara quanto pesante: concorso in esercizio abusivo della professione medica (LEGGI ANCHE: NUOVI ORARI PER I MEDICI IN OSPEDALE: TURNI MENO MASSACRANTI E SERVIZI MIGLIORI AI PAZIENTI). Tridici era autorizzato ad assistere alle operazioni in quanto esperto del funzionamento dei macchinari, ma di certo non gli era permesso prendere in mano il bisturi e procedere in prima persona all’esecuzione dell’intervento. Il video aveva dimostrato chiaramente il contrario: Tridici interveniva a cuore aperto su un paziente affetto da una grave patologia cardiaca. È stata la società americana per la quale lavorava il rappresentante, la Boston Scientific, ad insistere sull’apertura dell’inchiesta. L’ospedale di Lecce che è stato teatro del preoccupante fatto di cronaca ha così deciso di procedere con la denuncia nei confronti dei due complici.
Di ben altro avviso la Asl, che li aveva difesi: Galluccio Mezio aveva lavorato in modo ineccepibile ma l’intervento di Tridici (prima di diventare rappresentante era stato un infermiere professionista) si era reso necessario a causa del peggioramento del paziente. Di sicuro le due cose si contraddicono a vicenda: il perfetto operato di un chirurgo non dovrebbe rendere necessario il supporto di un venditore, seppure con un passato nell’assistenza al paziente. D’altro canto possono sempre sopraggiungere delle complicazioni in sala operatoria, ma ovviamente dovrebbe essere un’equipe qualificata ad occuparsene. L’inizio del processo è stato fissato per il 1° luglio 2016: la giustizia italiana, arrivata così in ritardo, ha l’occasione di riscattarsi e di difendere i suoi ammalati.
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