Dopo anni di dibattiti e tira e molla, la ‘querelle’ tra difensori e detrattori dell’olio di palma sembrano essere giunti ad un accordo. L’ennesima ricerca scientifica ha dimostrato che l’imputato fa davvero male alla salute, così le aziende hanno fatto marcia indietro e hanno promesso di eliminarlo dai loro prodotti.
Tutti quelli che si erano schierati dalla parte dell’olio di palma o tutte quelle aziende che avevano speso milioni di euro per la campagna a favore dello stesso faranno bene a ricredersi (LEGGI ANCHE: OLIO DI PALMA, QUAL È LA VERITÀ? LA POLEMICA È ACCESA): l’Efsa (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ha appena pubblicato un nuovo studio che conferma i pericoli legati ai componenti dell’olio di palma: contiene troppi grassi saturi e altre sostanze potenzialmente dannose per l’organismo, tra cui glicidil esteri degli acidi grassi e monocloropropandiolo. Il momento più compromettente è costituito dalla lavorazione degli alimenti, quando gli oli vegetali vengono raffinati ad alte temperature (circa 200 gradi) e si formano appunto le sostanze sopra elencate.
I potenziali rischi erano legati soprattutto a circolazione sanguigna e diabete, ma era anche l’impatto sulla natura a preoccupare: per produrre l’olio di palma si distruggono ettari di foresta dal valore inestimabile. L’Iss (Istituto Superiore di Sanità) aveva raccomandato un uso moderato di grassi saturi soprattutto per anziani e bambini e il punto di vista netto espresso dall’Efsa si è rivelato decisivo: l’olio di palma è addirittura cancerogeno e quindi va eliminato dalle ricette dei prodotti attualmente commercializzati. I marchi aderenti all’Aidepi (Associazione Industriali della pasta e del dolce italiani), tra cui Barilla, Bauli, Ferrero, Divella, Nestlè, Sammontana e Unilever, non hanno potuto ignorare il monito e hanno promesso di “impegnarsi fin da ora a fare, nel più breve tempo possibile, tutte le scelte necessarie per la massima tutela della salute del consumatore”.
Questo implica ovviamente l’individuazione di un sostituto per l’olio di palma ed è proprio questa scelta a preoccupare: l’auspicio è che non si scelga un ingrediente altrettanto nocivo o di scarsa qualità quale potrebbe essere ad esempio l’olio di colza. Un’altra problematica è legata alle tempistiche: i produttori dovranno esaurire le scorte prima di poter effettuare un vero cambio di rotta, di conseguenza il processo si preannuncia lungo e complesso. La buona notizia è che dal 2010 al 2015 la presenza delle componenti nocive dell’olio di palma nei prodotti presenti in commercio si è dimezzato, per volontà dei produttori stessi. Ciò significa che il cambio di rotta, ora che tutte le parti sembrano d’accordo, è possibile oltre che necessaria.
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