Il made in Italy garantisce una qualità particolare e standard elevati, soprattutto quando si parla di cibo. Ce ne sono alcuni che vengono importati dall’estero e fanno male al corpo: broccoli e mozzarella guidano la classifica.
Il successo della dieta mediterranea (e della cucina italiana in generale) proviene soprattutto dalle materie prime utilizzate: prodotti per lo più sani e genuini, soprattutto quando riescono ad essere a chilometraggio zero o quasi. L’unico aspetto negativo è il prezzo: il made in Italy costa, sia che si tratti di prodotti manifatturieri sia che si tratti di prodotti della terra. Il danaro pagato, tuttavia, rappresenta una valida garanzia per il lavoro fatto dal contadino e per l’assenza di diserbanti e altri prodotti che potrebbero rivelarsi tossici per l’organismo.
I prodotti importati dall’estero non sono accompagnati delle stesse garanzie. L’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha redatto una ‘black list’ con i cibi maggiormente contaminati. Lo scopo è informare i consumatori, difendere la loro salute, proteggere la dieta mediterranea dalla speculazioni e, ovviamente, il lavoro dei contadini nostrani. A guidare questa black list ci sono i broccoli provenienti dalla Cina: il 92 per cento risulta sistematicamente irregolare ai controlli a causa dei residui chimici in essi contenuti, ma nemmeno la mozzarella è salva. Segue il prezzemolo del Vietnam (78 per cento), il basilico dell’India (60 per cento), il peperoncino della Thailandia (21 per cento) e i piselli del Kenia (10 percento). Dall’Egitto vengono importate melegrane (il 33 per cento è tossico), fragole (11 per cento) e arance (5 per cento) contaminate da microtossine, additivi e coloranti.
La causa principale è la possibilità, all’estero, di utilizzare pesticidi pericolosi per la salute che invece sono vietati in Europa. Ad aggravare la situazione ci sono poi le agevolazioni alle importazioni concesse dall’UE, le quali permettono a questi prodotti di entrare in Italia a prezzi decisamente stracciati (LEGGI ANCHE: STRISCIA LA NOTIZIA E I POMODORI CHE MARCISCONO A PACHINO: I PRODUTTORI PREFERISCONO QUELLI AFRICANI). Ciò rende complicato per i contadini poter competere anche sul prezzo: le spese affrontate sono impari e il divario resta incolmabile. Questa concorrenza viene considerata sleale e rappresenta il nocciolo principale delle proteste portate avanti dai braccianti italiani: al Governo il compito di raccoglierle.
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