Il tumore al rene è particolarmente letale in quanto scoperto sempre tardivamente. L’immuno-oncologia promette il 27 per cento in più di sopravvivenza poiché sfrutta le difese immunitarie già presenti nel proprio corpo.
In Italia ogni anno sono oltre 10mila le persone cui viene diagnosticato un tumore al rene e 100mila in Europa; ben il 25 per cento viene scoperto solamente nella loro fase tardiva, diminuendo così le possibilità di sopravvivere. In Italia è arrivata una nuova cura per questo particolare tipo di cancro, vale a dire l’immuno-oncologia. A quanto pare questa terapia aumenta del 27 per cento la sopravvivere al male poiché ricorre ad alcuni farmaci, chiamati inibitori di check-point, che aiutano a sfruttare il proprio sistema immunitario. I medicinali, in altre parole, risvegliano le difese immunitarie del proprio corpo e le spingono a reagire con forza all’invasione delle cellule tumorali.
Alcuni tumori, per sfuggire all’attacco delle difese immunitarie, sviluppano la capacità di ‘celarsi’: questo è esattamente il check-point. Gli inibitori di check-point, semplicemente, impediscono che ciò avvenga e permettono al corpo di riconoscere e attaccare le cellule cancerose. Le risorse del proprio corpo sono una vera miniera e riuscire a sfruttarle al meglio apre un ricco ventaglio di prospettive per il malato (LEGGI ANCHE: CELL FACTORY: CELLULE STAMINALI AL POSTO DELLA CHEMIOTERAPIA. IL PROTOCOLLO ARRIVA IN ITALIA).
Sergio Bracarda, direttore della Uoc di oncologia medica di Arezzo, si è mostrato fiducioso in merito all’attuazione della terapia: “Abbiamo diversi inibitori di check-point destinati alla terapia del tumore del rene, che sono a diversi stadi di sviluppo. Uno di questi, il Nivolumab, già approvato da Ema, l’agenzia europea per i medicinali, per il rene, non ancora inserito nei prontuari terapeutici, e già utilizzato da qualche tempo per altre tipologie di tumore”.
L’aspettativa di vita del paziente potrà contare su maggiori risorse e anche la qualità della vita potrà migliorare in modo significativo, poiché si riusciranno a ridurre i sintomi che accompagnano le cure tradizionali. Non tutti i malati, in ogni caso, potranno ricorrere all’immuno-oncologia. La possibilità sarà infatti riservata a tutti gli individui che non abbiano risposto ad almeno un trattamento con anti-angiogenetici convenzionali e non sia affetto da patologie autoimmuni.
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