Il virus Zika sembrava un problema così lontano dall’Italia, eppure la testimonianza della prima mamma che ha dovuto rinunciare al suo bambino commuove tutto il Paese da Nord a Sud.
Era già stato spiegato cos’è il virus Zika, quali sono i suoi sintomi e quali siano le conseguenza per l’uomo. Se la risposta può sembrare rassicurante per gli uomini, le donne incinte nono possono decisamente dire lo stesso. Il virus aveva colpito i primi italiani già qualche settimana fa, eppure tutti i malati ne erano usciti indenni nel giro di pochi giorni. A Verona, però, si è verificato un caso molto più tragico e una donna di 27 anni ha voluto raccontare la sua esperienza sulle pagine de La Repubblica: “Sarebbe dovuto nascere il giorno dell’Immacolata. Non ne ha avuto il tempo: Zika è stato più veloce”, ha detto la donna.
Ma andiamo con ordine. Sofia (questo il suo nome) viveva in Brasile. Lì ha concepito il suo bambino, che dopo qualche ecografia si è rivelato essere un maschietto che avrebbe chiamato Pietro. La volontà della futura mamma era quella di partorire in Italia, per questo ha intrapreso il viaggio che l’ha portata fino a Verona. Dopo i controlli di routine, alla sua ginecologa sono sorti dei dubbi sul corretto progredire della gravidanza: il feto era troppo piccolo in confronto alla data del concepimento. In più, Sofia aveva delle macchie pruriginose su tutto il corpo, febbre, dolori alle ossa: in altre parole, il virus aveva ormai attecchito.
Durante l’ecografia, la ginecologia ha dovuto dare un verdetto pesante a Sofia. È proprio quest’ultima a ricordare le esatte parole: “La sua testa era piena di cisti, era come se un tarlo si fosse mangiato i suoi tessuti. Mi hanno spiegato che non avrebbe potuto vedere, sentire e nemmeno parlare. […] Mi hanno detto che ero giovane, che avrei potuto avere tutti i figli che desideravo in futuro”. La donna si trovava al settimo mese di gravidanza e, sebbene in Italia sia vietato, i medici le hanno consigliato di abortire. Come risolvere l’impasse? Recandosi in un centro di Lubiana, in Slovenia. Il bimbo è nato morto e le sue ceneri sono state sparse su una collina: è l’usanza locale, visto che i monti simboleggiano la pancia della donna. Sofia ha dovuto dire addio alla sua creatura e ha voluto raccontare la sua storia. Del piccolo Pietro le restano solo le impronte di mani e piedi: è il suo angelo e la guarda da lassù.
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