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Il sorriso è contagioso come lo sbadiglio: l’importanza dell’empatia

Gente allegra il ciel li aiuta, afferma un famoso proverbio. La saggezza popolare è spesso alla base di studi scientifici, pronti a interrogarsi sulla veridicità di motti o frasi tramandate. In questo caso alcuni studi hanno dimostrato come le persone sorridenti vivano fino a 7 anni di più, ma non solo: dalla recente ricerca pubblicata su Trends in Cognitive Sciences viene sottolineata l’importanza dell’empatia. Quando qualcuno sorride automaticamente è più facile che chi gli sta intorno faccia lo stesso e sia quindi più propenso a essere accomodante. Ma come mai le emozioni sono così contagiose?

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Il processo si articola in tre rapidissime fasi. La prima consiste nel contatto visivo: si guarda semplicemente il volto di una persona. Durante la seconda fase scatta l’emulazione: consciamente o inconsciamente ci ritroviamo sul viso la stessa espressione che abbiamo appena osservato su qualcun altro. Infine, l’elaborazione: il cervello associa quel sorriso o quel broncio indossati di riflesso a un’emozione del proprio passato, la riconosce e la codifica attribuendole un nome. Questo vale anche per le emozioni meno positive: la tristezza o la rabbia si diffondono altrettanto rapidamente. Un meccanismo che dura un istante a cui i neuroscienziati hanno però dedicato anni delle loro ricerche, ben sintetizzate da questi risultati.

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Paula Niedenthal e Adrienne Wood, psicologi dell’Università del Wisconsin, hanno ripreso le ricerche del pionere Giacomo Rizzolatti, il quale affermava che è come guardarsi allo specchio: “Ognuno proietta le espressioni degli altri sui propri sentimenti e così elabora una sorta di giudizio di riconoscimento e, cosa più importante, reagisce in modo appropriato, avvicinandosi alla persona o evitandola a seconda dei casi“. Questo anche per avere consapevolezza di quel che provano le persone vicino a noi e comprendere i diversi stati d’animo. La mimica diviene quindi l’interruttore dell’empatia. Non è un caso che le persone con paralisi facciale dovuta a un ictus, ad altre patologie o a interventi chirurgici fatichino a comprendere le emozioni degli altri.

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