Se da una parte le alte temperature stanno salvando gli italiani dall’influenza, dall’altra stanno penalizzando tutti coloro che soffrono di allergie stagionali. Nella maggior parte dei confini nazionali il clima si è dimostrato mite e caratterizzato da piogge intense ma sporadiche. Questo ha portato inevitabili conseguenze alla natura: le parietarie e le graminacee sono rifiorite come si trattasse di una ‘seconda primavera’. Sono stati raccolti dei dati che non hanno fatto altro che confermare le apparenze: i catturatori di pollini, ovvero gli appositi strumenti di monitoraggio, a settembre-ottobre hanno rilevato livelli uguali a quelli di maggio-giugno. Chi attendeva il freddo e le piogge per alleviare i propri problemi respiratori dovuti alle allergie dovrà sopportarne le conseguenze molto più a lungo.
I medici dell’Unità operativa semplice di allergologia e immunologia della clinica Toscana Centro hanno affermato che molti pazienti hanno dovuto continuare la cura senza ricorrere alle consuete interruzioni. I mutamenti climatici che si sono verificati hanno reso necessari dei trattamenti più lunghi e purtroppo il peggio deve ancora venire. La prossima pianta a fiorire in anticipo potrebbe essere il cipresso (le reazioni allergiche a questa conifera sono in aumento soprattutto nel cento Italia), senza contare che il caldo costringe le piante a sopportare un notevole stress che porterà con ogni probabilità alla produzione di pollini più aggressivi dal punto di vista allergenico.
Le polveri sottili sono infine la ciliegina sulla torta e provocano disturbi soprattutto agli asmatici. Per loro sono deleteri sia lo smog che le piogge violente ma sporadiche: queste infatti distruggono i pollini ma li rendono più respirabili e quindi fastidiosi. Il 2016 si preannuncia quindi come un anno complicato per una fetta piuttosto consistente di italiani. Nulla di grave, ma sicuramente i disagi saranno numerosi. Il primo passo per uscirne indenni è quello di riconoscere le allergie: molto spesso vengono scambiate per raffreddori ma la loro durata e persistenza devono rappresentare un campanello d’allarme sufficiente a far scattare l’esigenza di un controllo specialistico.
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