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Obesità e produttori di alimenti: pacchi più piccoli e porzioni ‘small’ possibili soluzioni?

Combattere l’obesità è uno degli obiettivi principali in molti paesi del mondo (Inghilterra e Stati Uniti in primis). Per questo motivo esistono numerosi team di ricerca pronti a scoprire i metodi più efficaci. Un discreto livello di soddisfazione è stato raggiunto da quegli studiosi che si erano concentrati sulle porzioni (di recente è stato proposto di usare le mani come giusta unità di misura), facendo un paragone tra quelle attuali e quelle di qualche decennio fa. In poche parole, i produttori hanno peggiorato la situazione mettendo in commercio confezioni più grandi per una serie lunghissima di prodotti: pizza, biscotti, torte e persino i menù dei più comuni fast food. D’altronde l’occasione fa l’uomo ladro (o, in questo caso, ‘ghiotto’) e l’aumento delle porzioni spinge automaticamente a mangiare di più.

Negli anni ’50 ci si doveva accontentare di piatti più scarni e questo era uno dei segreti per mantenere sotto controllo il proprio peso e altri valori quali colesterolo e trigliceridi. Piatti più piccoli portano ad una riduzione delle calorie, questo è ovvio: ciò che vogliono sottolineare i ricercatori è il ruolo delle case produttrici. Basterebbe diminuire del 10 per cento le porzioni e di circa 159 le calorie assunte per raggiungere significativi risultati.

La professoressa Theresa Marteau della Cambridge University ha illustrato ampiamente tale teoria, a supporto della quale ci sono fatti evidenti. Basta entrare da McDonald’s: tra la bibita piccola e quella grande c’è sempre uno scarto di prezzo talmente irrisorio da spingere ad acquistare il secondo. Lo stesso vale per le grandezze dei menù. A suo avviso, ci dovrebbe essere un riequilibrio generale in modo che si ristabilisca il senso della misura e una certa responsabilità. Le porzioni più grandi andrebbero addirittura abolite, mentre quelle piccole dovrebbero risultare convenienti rispetto a quelle medie. Il ragionamento di sicuro ha senso sotto moltissimi i punti di vista, ma come la prenderebbero i consumatori? Si abituerebbero al ‘taglio’ o scatterebbe una rivolta?

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