Partendo dalla puntata di Report andata in onda domenica 1 novembre (la stessa del servizio sulla chirurgia estetica, che ha spinto le associazioni dei medici ad appellarsi al diritto di rettifica), si è aperta una discussione sull’adroterapia e sulla sua efficacia nel combattere i tumori in stato avanzato e radio resistenti. Innanzitutto è bene spiegare di cosa si tratta. L’adroterapia non è una terapia sperimentale ma una forma avanzata di radioterapia e non è sostitutiva, ma è necessaria nei casi in cui la prima si riveli inefficace o in quelli in cui i tessuti tumorali sono vicini ad organi vitali e delicati come occhi, nervi, cervello o intestino, che devono essere preservati dagli effetti collaterali. Questo perché mentre la radioterapia convenzionale utilizza raggi X o elettroni, l’adroterapia prevede principalmente l’uso di protoni o ioni carbonio: particelle atomiche, gli adroni appunto, più pesanti e dotate di maggiore energia degli elettroni e quindi più precise ed efficaci.
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Il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica (CNAO) di Pavia è il primo centro ospedaliero in Italia espressamente dedicato al trattamento dei tumori mediante l’adroterapia. Qui, coinvolgendo 500 ditte italiane, un gruppo di fisici ha realizzato il sincrotrone, una tecnologia che nel mondo si può trovare solo in altri quattro centri: in Giappone, Stati Uniti, Cina e Germania. Si tratta di un anello di 80 metri di diametro che genera un fascio di protoni o di ioni carbonio che percorrono la circonferenza un milione di volte in mezzo secondo. Il carbonio richiede grandi macchine per essere accelerato ma quando arriva a colpire la cellula tumorale è tre volte più efficace dei raggi X.
Allora per quale motivo non si punta tutto su questa tecnica? I motivi sono molteplici. Innanzitutto la questione economica: costruire un centro di adroterapia costa molto di più e serve un edificio appositamente costruito per ospitare le grandi dimensioni degli apparati menzionati e in grado di schermare le radiazioni prodotte, con un costo dell’ordine di centinaia di milioni di euro. In secondo luogo ci sono anche dei rischi perché in alcuni casi i vantaggi potrebbero ritorcersi contro il paziente. Non sempre si riesce con precisione a determinare accuratamente dove si trova il tumore (soprattutto per quanto riguarda la profondità) e di conseguenza calcolare l’energia esatta che serve alle particelle per fermarsi proprio in quella regione non è possibile. Nei casi in cui il tumore si trova troppo vicino a un organo vitale, un errore di pochi millimetri potrebbe risultare pericoloso vista l’aggressività del trattamento. Una volta riusciti ad abbattere i costi e soprattutto a essere più precisi grazie alle nuove tecnologie, però, l’adroterapia sarà il futuro della lotta contro il cancro.
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