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Tumore al seno, Alberto Luini: unificare i centri per standardizzare i tempi di attesa

Ottobre è il mese mondiale della prevenzione del tumore al seno e in Italia, come negli altri Paesi, si moltiplicano le iniziative di sensibilizzazione rivolte alle donne, per sottolineare l’importanza vitale della diagnosi precoce. Alberto Luini, chirurgo senologo, co-direttore del Programma Senologia IEO e autore dell’e-book #senonlosai, svela i passi in avanti che si sono fatti negli ultimi anni e un progetto su scala nazionale che potrebbe cambiare per sempre il modo di affrontare questo male che colpisce una donna su nove. La prima domanda che gli abbiamo posto è proprio sull’importanza di tenersi informati.
Di informazione ce n’è tanta e se ne parla ormai dappertutto. Questo è senza dubbio positivo ma oltre alla quantità di notizie e voci, risulta fondamentale la qualità delle stesse, perché una corretta informazione è parte integrante e fondamentale di una strategia medica e comunicativa che, negli anni recenti, ha dimostrato di essere efficace nel ridurre la mortalità per questo tipo di malattia. Ed è ancora più incoraggiante questo dato visto che i casi di tumore sono in aumento.

Oltre alla sensibilizzazione delle donne quale è il prossimo passo da fare contro questo male?
Senza dubbio quello di migliorare le terapie, sia per quanto riguarda gli interventi di chirurgia che per la radioterapia. Ma ancor prima, grazie alle nuove tecnologie, si è sviluppata la diagnostica, consentendo di essere più precisi negli esami e più efficaci in seguito negli interventi stessi. Ci sono nuovi sistemi elettronici computerizzati che permettono una procedura diagnostica mini invasiva tramite prelievi citologici, istologici e centratura delle lesioni non palpabili della mammella. Ma anche l’adozione della tomosintesi mammaria è fondamentale.

In cosa consiste?
Si tratta in pratica di una mammografia tridimensionale ad alta definizione che dà la possibilità di studiare la mammella nella sua profondità, evitando la sovrapposizione delle strutture. Spesso molti tumori si “nascondono” dietro il normale tessuto ghiandolare e diventano visibili solo quando raggiungono dimensioni decisamente maggiori. In fase precoce, questa tecnologia consente di scoprire almeno il 30% di tumori in più.

Molte donne si sono lamentate per la lunga attesa e per essere state costrette ad andare in più centri per effettuare tutti gli esami, cosa ne pensa?
Aggregare le forze è uno dei principali obiettivi che ci siamo posti. In particolare si sta lavorando affinché più centri possibili possano offrire il trattamento completo. Parlo delle Breast Unit, che saranno una ogni 300-400 mila abitanti entro la fine del 2016. Un grande valore aggiunto anche in termine di percorsi dedicati e approcci multidisciplinari perché riuniscono in sé vari specialisti quali il senologo, l’oncologo, il radiologo, il radioterapista, il fisiatra e lo psicologo, che a diverso titolo si occupano di tumore al seno e confrontano la loro competenza per scegliere la migliore strategia terapeutica disponibile e la più appropriata nell’interesse della donna. Così facendo si ridurranno i tempi di attesa, ma soprattutto si standardizzeranno.

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