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“Falsi pomodori”: al via la petizione dopo il servizio de Le Iene

Andare al supermercato e capire cosa comprare diventa ogni giorno più complesso. La colpa è delle leggi che non tutelano il consumatore e delle aziende che risparmiano sulla salute dei propri clienti. Un servizio mandato in onda a Le Iene ha mostrato che immenso universo ci sia dietro la dicitura ‘made in Italy’ o ‘prodotto in Italia’ sulle confezioni di passate di pomodoro o suoi derivati (come ad esempio sughi pronti o ketchup): pomodori cinesi, nella migliore delle ipotesi. Alla fine del servizio è stata lanciata una petizione, da portare avanti su change.org, al fine di chiedere leggi più restringenti per quanto riguarda importazioni ed etichette. In pochi giorni si è raggiunta una quota che supera le 335.000 firme. L’obiettivo è di arrivare a 500.000 e spingere il governo italiano ad agire immediatamente per dare chiarezza e possibilità di scelta al consumatore.

Chiunque abbia visto il servizio non potrà che esserne rimasto agghiacciato: la Iena Nadia Toffa si è infatti recata in Cina per parlare con alcuni produttori di pomodoro che riforniscono una lunga lista di aziende italiane. I produttori, credendo di parlare con un potenziale acquirente, hanno spiegato che le aziende tricolore acquistano i prodotti in quantità enormi (anche 120.000 tonnellate l’anno) tra le qualità più basse, purché si risparmi (440 euro a tonnellata contro i 1200 dei pomodori davvero italiani). Alcuni fusti vengono addirittura definiti “Black Ink” a causa del loro colore nero, ben lontano dal rosso vivo del pomodoro. Il black ink piace perché costa poco, non importa se all’interno ci siano prodotti scaduti (ai quali si chiede di cambiare la data di produzione), larve (si, larve!) o pesticidi: in Italia si penserà a nascondere le tracce grazie a coloranti, misti di altri pomodori più freschi, lavorazioni industriali e analisi truccate.

Tra mazzette in dogana e l’assenza di controlli, questi prodotti riescono a raggiungere i banconi dei supermercati senza troppe difficoltà. La legge non obbliga le aziende a riportare la provenienza delle materie prime dei prodotti, come avviene invece per l’olio e pochi altri prodotti inscatolati. Diventa quindi difficile capire sul serio cosa si stia acquistando. Di certo è preferibile scegliere i prodotti che riportano la dicitura ‘100 per cento pomodoro italiani’; negli altri casi, probabilmente, l’unica cosa italiana è la bandierina sull’etichetta.

Foto: YouTube

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