Farsi qualche “canna” nell’adolescenza non provoca danni da adulti: è questa, almeno, l’esito cui giunge uno studio condotto dall’università di Pittsburgh e pubblicato su Psychology of addictive behaviors. Gli esperti hanno analizzato le abitudini di 408 ragazzi – tutto di sesso maschile – dai i 16 e i 36 anni, concludendo che il consumo di cannabis non è collegato a malattie come la depressione, l’asma o il tumore ai polmoni. L’analisi è durata ben 20 anni, durante i quali sono stati monitorati i comportamenti e le condizioni di salute dei giovani in questione, suddivisi in quattro gruppi: soggetti che non fumavano o lo facevano solo sporadicamente (il 46 oer cento), fumatori ‘cronici’ (22 per cento), coloro che avevano consumavano marijuana solo nella giovinezza (11 per cento) e infine quelli che avevano incominciato alla fine dell’adolescenza e non avevano più smesso (21 per cento).
“Quello che abbiamo trovato – spiega Jordan Bechtold, psicologo e ricercatore al Medical center dell’ateneo di Pittsburgh – è sorprendente. Non ci sono differenze nelle condizioni fisiche o mentali fra persone che hanno fumato cannabis da teen ager e quelle che non lo hanno fatto“. L’obiettivo principale era verificare se la marijuana potesse condurre nel tempo a disturbi psicotici (allucinazioni in primis), tumori, problemi respiratori. Niente. Anzi, analizzando il campione non sono stati rivenuti nemmeno collegamenti con stati di ansia, depressione, allergie, mal di testa e sbalzi di pressione. “Questa ricerca – sottolinea Bechtold – è una delle poche che ha esaminato l’effetto della marijuana nel lungo periodo“.
Bisogna far presente, comunque, che studi sull’uso della cannabis se ne conducono tanti. E i risultati, spesso, sono contrastanti. Sempre su Psychology of addictive behaviour, ad esempio, ne è stato pubblicato pure uno che evidenza una relazione tra il fumo e gli scarsi risultati a scuola. E bisogna anche far presente che nello studio illustrato in queste pagine fra i ragazzini che avevano fumato più spinelli si è registrata una dipendenza maggiore: il consumo è aumentato fino a raggiungere 200 giornate l’anno di fumo, anche se successivamente è diminuito. “Con il nostro studio – conclude Bechtold – vogliamo contribuire al dibattito sulla legalizzazione della marijuana. E’ un argomento delicato e un solo studio non può dare risposte“.
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