Lo stress influisce negativamente sulla funzione riproduttiva. Questa è senza dubbio una delle conclusioni più interessanti emerse nel corso del Forum internazionale Stress, Inflammation and Reproduction organizzato dalla Fondazione Ibsa per la ricerca scientifica presso l’Università degli Studi di Siena. Gli esperti provenienti dagli Stati Uniti, Australia e diversi Paesi Europei hanno presentato ricerche e cliniche che testimoniano come la tensione (sia quella psicologica che metabolica e fisica) abbia un impatto negativo sui sistemi cerebrali ed ormonali della donna e dell’uomo tale da ridurre la possibilità di concepimento.
Secondo questo studio, “il 30% delle coppie che non riescono ad avviare una gravidanza ha livelli elevati di stress che vanno ad inibire ovulazione e spermatogenesi attraverso l’azione di neuropeptidi e di citochine infiammatorie“. Il Professore Ordinario Felice Petraglia, direttore della Ostetricia e Ginecologia dell’Università di Siena e Aous, afferma che “la tensione agisce sulla componente psicologica e sulle difese immunitarie causando le infiammazioni, soprattutto quelle croniche che agiscono interferendo anche sulla funzione riproduttiva e causando una ridotta capacità procreativa. In particolare possiamo distinguere tra stress preconcezionale, stress della coppia sterile che cerca una gravidanza e stress durante la gravidanza che può causare anche nascite premature o aborti“.
La Professoressa Sarah Berga del Wake Forest Baptist Medical Center ha poi spiegato come “le amenorree (assenza di mestruazioni) delle atlete, i forti dimagrimenti e le crisi affettive coinvolgono una serie di fattori e di funzioni comuni e possano anche causare una temporanea infertilità. Si tratta di patologie che partono come alterazioni ormonali e coinvolgono nel tempo meccanismi infiammatori che riducono la possibilità di procreare, per questo le nuove terapie per contrastare l’infertilità prevedono l’utilizzo di ormoni e di sostanze anti infiammatorie“. Come aiutare a combattere lo stress allora? Secondo Silvia Misiti, direttore della Fondazione Ibsa, “partendo dall’analisi dei fattori che lo determinano si possono registrare importanti passi avanti nella ricerca.
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