Parlare male delle persone che non consideriamo troppo simpatiche ci fa sentire stranamente felici e sollevati e farlo sotto all’ombrellone è ormai lo sport preferito dell’estate. Che sotto sotto ci fosse qualcosa di sbagliato lo si è sempre pensato, ma ora a quanto pare i moralisti hanno un nuovo nemico. Si tratta dello psicologo evolutivo e docente di psicologia all’università di Oxford Robin Dunbar, il quale, durante il consueto festival della scienza di Cheltenham in Inghilterra, ha sostenuto che “i pettegolezzi sono più salutari di qualsiasi altra cosa, basti pensare che i social network hanno un effetto incredibile sulla nostra felicità e il nostro benessere”.
Sempre secondo il professore britannico: “tutte le chiacchiere maligne che scambiamo con amici e colleghi sono la strumento migliore per allungare la nostra prospettiva di vita, solo smettere di fumare farebbe meglio”, – e aggiunge – “fare gossip distingue l’uomo dalle altre specie e ci aiuta a capire di chi possiamo fidarci. Ed è proprio dai pettegolezzi più frivoli che possono nascere delle amicizie durature e profonde poiché è così che riusciamo conoscere meglio le persone che abbiamo di fronte che, “sparlando” di qualcuno, esprimono indirettamente il loro giudizio su determinate situazioni”. Vi pare un po’ troppo forzato?
Eppure Dunbar non è stato certo il primo ad affermare questa scomoda (anzi, comoda) verità: la sostenibile leggerezza del taglia e cuci era già stata sottolineata da celebri antropologi e illustri psicologi. Addirittura esiste il saggio Le virtù del gossip, realizzato dai ricercatori Matthew Feinbergil e Robb Willer e pubblicato nientepopòdimenoche dal Journal of Personality and Social Psichology, una delle riviste più autorevoli esistenti. Secondo il loro studio il pettegolezzo è lo scambio d’informazioni che permette di far conoscere al prossimo la pericolosità di un altro non proprio raccomandabile prossimo. È un’arma socialmente indispensabile che permette di proteggere il singolo e il gruppo da uno o più elementi destabilizzanti.