Da qualche anno anche in Italia è scoppiata la moda dei ristoranti giapponesi all you can eat. La formula è semplice e ha conquistato tutti: c’è un prezzo fisso (solitamente intorno ai quindici euro per il pranzo e i venti per la cena) con la possibilità di mangiare tutto quello che è elencato sul menù (sia a buffet, sia con normale servizio al tavolo), ovviamente senza lasciare nulla nel piatto (altrimenti si paga). In tanti però si chiedono come sia possibile questa offerta così vantaggiosa per i clienti. Forse la qualità del cibo non è ottima? “Nonostante molte persone – ha spiegato Annalena De Bortoli, rappresentante dell’Associazione italiana ristoratori giapponesi (Airg), attraverso un’intervista a Canali.kataweb.it di Repubblica – pensino che gli all you can eat costino poco perché usano pesce di scarsa qualità o perché la fettina sopra il nigiri sia sottilissima, la realtà è molto più complessa. A incidere sul prezzo di un vero ristorante giapponese sono, infatti, molti fattori“.
Prima di tutto bisogna capire bene la provenienza di alcuni ingredienti come il riso e la soia: per esempio per creare i tanto amati uramaki si può comprare il riso giapponese o piante giapponesi coltivate in Europa o ancora il riso che si trova abitualmente al supermercato. Lo stesso principio vale per la salsa di soia che può essere quella mischiata alla salamoia e quindi di prezzo inferiore oppure l’originale lasciata decantare per mesi in botti di legno. E poi a fare la differenze è anche la scelta dello chef: un vero cuoco esperto di questa cucina ha un lavoro alle spalle di circa vent’anni.
Risparmiare sulle materie prime e quindi anche sul pesce tuttavia non significa affatto che sia pericoloso mangiare in questo tipo di ristoranti. Spesso lo stesso vale anche per la cucina italiana. Un trucchetto che invece viene utilizzato? “Un esempio – ha continuato la De Bortoli – può essere la scelta di mettere sempre in primo piano i piatti con molto riso o quelli a base di pasta che generalmente hanno sempre porzioni abbondanti, in modo da riempire subito il consumatore che così ordinerà meno pesce crudo“.
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